Un parere negativo su un progetto carente non può configurare un’ipotesi di danno da ritardo
L’art. 2-bis, L. n. 241/90 tutela in sé il bene della vita inerente alla certezza, quanto al fattore tempo, dei rapporti giuridici che vedono come parte la Pubblica Amministrazione, stante la ricaduta che il ritardo a provvedere può avere sullo svolgimento di attività ed iniziative economiche condizionate alla valutazione positiva della stessa, ovvero alla rimozione di limiti di rilievo pubblico al loro espletamento.
L’esistenza del danno da ritardo non può presumersi, ma è necessario che il danneggiato provi tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda, oltre al danno. Sul piano oggettivo, l'illecito de quo riceve qualificazione dall'inosservanza del termine ordinamentale per la conclusione del procedimento, ponendo l’inosservanza del termine come presupposto causale del danno ingiusto eventualmente cagionato al privato. Sul piano soggettivo, suddetto ritardo deve essere ascrivibile ad un'inosservanza dolosa o colposa dei termini di legge o di regolamento stabiliti per l'adozione dell'atto terminale, di guisa che il difettoso funzionamento dell'apparato pubblico sia riconducibile ad un comportamento gravemente negligente od ad una intenzionale volontà di nuocere, in palese ed inescusabile contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, di cui all'art. 97, Cost., salvo l'errore scusabile.
In sede di determinazione del risarcimento del danno, il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti (art. 30, comma 3, c.p.a.).