Testamento e querela di falso
Testamento e querela di falso
Corte di Cassazione VI Sezione Civile -2
Ordinanza 17 settembre – 10 novembre 2014, n. 23896
Presidente Bianchini – Relatore Proto
La Cassazione, con la sentenza che si riporta al link in fondo alla pagina, è stata chiamata a giudicare un caso riguardante una causa in cui veniva presentata querela di falso in relazione ad un testamento olografo redatto a favore della Provincia Religiosa e alla quale era subordinata la disposizione testamentaria.
Nel primo grado di giudizio veniva disposta CTU grafologica che accertava la non autenticità del testamento impugnato con querela di falso.
Tuttavia, il Tribunale di Genova rigettava la domanda di querela di falso per difetto di legittimazione e interesse della Provincia Religiosa, accogliendo la linea difensiva delle convenute.
In appello, i giudici territoriali dichiaravano la falsità del testamento impugnato e ne ordinava la totale cancellazione rilevando che il giudice di primo grado, richiesto di accertare la falsità del testamento redatto a favore delle convenute e valutato non autentico dal consulente, non avrebbe dovuto procedere alla sua interpretazione e che, in ogni caso, anche l’interpretazione del testamento da parte del Tribunale era erronea perché sia la testatrice che il marito lo stesso giorno avevano espresso e loro ultime volontà e con i loro testamenti avevano evidenziato la comune volontà di lasciare all’ente religioso i loro beni qualora non fosse ancora in vita l’altro coniuge e, dunque, poteva essere attribuito alle parole usate dal testatore anche un significato diverso da quello tecnico e letterale se contrastatane con l’intenzione del de cuius.
La Corte ha osservato che “con l’atto di citazione era stata proposta solo la querela di falso e l’atto di citazione, con il quale è proposta in via principale querela di falso relativa a un determinato documento, ben può essere sottoscritto anche dal solo difensore munito di procura “ad litem” rilasciata in calce o a margine dell’atto, perché la procura speciale “ad litem” è astrattamente idonea a conferire il potere di proporre la querela di falso in via principale; in concreto va accertato se, in considerazione del contenuto e dell’oggetto dell’atto di citazione, la volontà della parte di proporre querela possa ritenersi univocamente espressa con il conferimento della procura “ad litem” e tale volontà deve ritenersi sussistente allorché, come in questo caso, la citazione è esclusivamente diretta a proporre querela di falso in via principale. Infatti, per il principio della inscindibilità della procura dall’atto in calce o a margine del quale è apposta, non può sollevarsi alcun dubbio in ordine alla manifestazione della volontà della parte di proporre querela e di conferire al procuratore speciale il relativo potere, non essendo individuabile una diversa domanda e nell’interpretare la volontà della parte non può non tenersi conto del criterio ermeneutico della conservazione del negozio di cui all’art. 1367 cod. civ.“.
La Corte osserva che “questi principi, con riferimento al requisito della procura speciale ex art. 221 c.p.c. sono stati costantemente affermati da questa Corte (Cass. 28/3/1997 n. 2773; Cass. 20/9/2006 n. 20415 in una fattispecie, identica alla presente, nella quale, tra l’altro era stato dedotto che la querela di falso non era stata confermata innanzi al g.i. alla prima udienza ai sensi dell’art. 99 disp. att. c.p.c.; in senso conforme, con riferimento al requisito della specialità della procura, v. Cass. 25/9/2013 n. 21941)“.
Pertanto, si legge in sentenza, “il collegamento tra l’atto di citazione e la procura estesavi a margine, non lascia adito a dubbi di sorta sulla specialità della procura stessa e, soprattutto, sul fatto che essa cumula di necessità due funzioni, una di natura processuale (procura ad litem) e una di natura sostanziale (vale a dire di procura alla proposizione della querela di falso)“.
La Corte precisa che “Se la querela di falso, come in questo caso, è stata proposta in via principale, il querelante ha l’obbligo di presentare la denuncia con atto di citazione e tale adempimento è stato osservato; inoltre la citazione è stata sottoscritta dalla parte.
Il querelante deve poi confermare o meno la querela nella prima udienza, a norma dell’art. 99 disp. att. c.p.c., tenuto conto delle deduzioni sollevate dal convenuto in comparsa di risposta, apprezzabili, pur sempre, secondo un giudizio di convenienza o di opportunità.
Se, come in questo caso, la querela è proposta in via principale e non in via incidentale, il convenuto solo con la comparsa di risposta può, per la prima volta, manifestare le proprie intenzioni circa l’uso che intende fare del documento che si assume essere falso e quindi potrebbe ammettere o negare la falsità, o negare di volere far uso del documento, o negare la falsità, ma aggiungere altre circostanze che rendono quel documento superfluo come fonte di prova.
La ratio della disposizione di cui al richiamato art. 99 disp. att. c.p.c. è dunque quella di evitare contenziosi inutili e conseguenze pregiudizievoli per il querelante: l’art. 226 c.p.c. prescrive che la parte querelante sia condannata al pagamento di una pena pecuniaria e il legislatore ha voluto evitare che, per una scelta del difensore, la parte potesse trovarsi esposta a questa forma di responsabilità; di conseguenza ha adottato misure idonee a rendere rendessero la parte edotta delle conseguenze della scelta che stava per compiere e a fungere da “filtro” per evitare la celebrazione di procedimenti di falso inutili (in questo senso, v. l’ampia analisi di Cass. 9/1/2014 n. 196 che ha escluso l’applicabilità dell’art. 99 disp att. c.p.c. alla querela di falso proposta in via incidentale)“.
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