Sezioni Unite : pena edittale massima e circostanze aggravanti
Sezioni Unite : pena edittale massima e circostanze aggravanti del reato
commento alla sentenza n. 36272 del 2016 SS.UU. Corte di Cassazione a cura dell’avv. Gaia Li Causi
Investita della questione “se ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione con messa alla prova, il giudice debba tenere conto della sola pena edittale prevista per il reato-base, senza prendere in considerazione le circostanze aggravanti del reato”, la Seconda Sezione Penale della Suprema Corte rimetteva la questione alle Sezioni Unite.
Di ispirazione anglosassone, ma già previsto all’interno del nostro ordinamento nell’ambito del processo penale per i minorenni, l’istituto della messa alla prova trova la sua disciplina negli artt. 168 bis, 168 ter e 168 quater del codice penale.
Con la sospensione del procedimento l’imputato viene affidato all’UEPE (Ufficio di Esecuzione Penale Esterna) , con il compito di predisporre un programma di trattamento. La richiesta può essere effettuata personalmente dall’imputato o dal suo difensore munito di procura speciale.
Dopo aver sentito le parti e la persona offesa, il Giudice giunge quindi ad assumere una decisione sulla richiesta.
In caso di accoglimento emetterà un’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, stabilendo la durata della prova, le prescrizioni ed il termine per l’adempimento delle attività riparatorie. Altrimenti emetterà un’ordinanza di rigetto.
Allorquando l’esito della messa alla prova sarà positivo il Giudice, con sentenza, dichiarerà estinto il reato. In caso di esito negativo, invece, disporrà la ripresa del processo.
I presupposti applicativi dell’istituto in esame sono indicati dall’art. 168 bis c.p. che detta un duplice criterio, quantitativo e nominativo. Sono pertanto ammessi, da un lato, tutti quei reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione, sola, congiunta o alternata alla pena pecuniaria; dall’altro lato i reati previsti dal comma 2 dell’art. 550 c.p.p.
Ed è proprio il riferimento dell’art. 168 bis c.p. ad una “pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni” ad aver creato quel contrasto giurisprudenziale che ha richiesto l’intervento risolutore delle Sezioni Unite oggetto del presente commento.
Un primo orientamento riteneva, infatti, che il limite edittale, al cui superamento consegue l’inapplicabilità dell’istituto, dovesse essere determinato “tenendo conto delle aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale”.
Un secondo orientamento, invece, riteneva che “il parametro quantitativo contenuto nell’art. 168-bis cod. pen. si riferisce unicamente alla pena massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione di qualsivoglia aggravante, comprese quelle ad effetto speciale”.
A prescindere dall’analisi dell’intenzione del legislatore – ricostruita attraverso i lavori parlamentari che hanno portato alla approvazione della legge 67 del 28 aprile 2014 – diversi sono gli argomenti utilizzati dai Giudice delle Sezioni Unite della Suprema Corte per affermare la propria adesione a quest’ultimo orientamento.
In primo luogo, la circostanza che l’art. 168 bis c.p., nel selezionare i reati, “non contiene alcun riferimento alla possibile incidenza di eventuali aggravanti al fine di identificare i reati che possono essere ricompresi nell’ambito dell’istituto della messa alla prova”.
In secondo luogo, laddove si volesse proprio concludere per la rilevanza delle circostanze – in assenza di specificazioni normative di segno contrario – si dovrebbe necessariamente concludere per la rilevanza allora di tutte le circostanze, aggravanti e attenuanti, comuni e speciali. Operazione, però, a parere della Suprema Corte “di difficile attuazione, considerando che gli aumenti previsti dalla legge sono ‘mobili’, oltre che proporzionali rispetto alla pena-base, e manca un criterio applicativo di riferimento”.
Infine, le SS.UU. attribuiscono il giusto rilievo anche alla circostanza che “se nella stessa legge n. 67 del 2014, accanto a disposizioni che richiamano espressamente l’art. 278 c.p.p. ai fini della determinazione della pena […] ve ne sono altre […] che non fanno alcun cenno alle circostanze aggravanti” questa è la piena dimostrazione di come il legislatore allorquando vuole dare rilevanza alle circostanze lo fa in modo esplicito.
Concludendo, quindi, questo il principio affermato dai Giudici della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 1 settembre 2016, n. 36272: “Ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell’art. 168-bis cod. pen. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato” .
Leggi il testo della sentenza Cass-. SS.UU. n. 36272/2016
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