Risarcimento danni. Ne risponde il padrone per il morso del cane
Risarcimento danni. Ne risponde il padrone per il morso del cane
Corte di Cassazione Sezione III Civile
Sentenza 29 settembre – 20 maggio 2016, n. 10402
Presidente Petti – Relatore Chiarini
Svolgimento del processo
Con citazione del settembre 1998 A.Z. convenne dinanzi al Tribunale di Belluno A.M. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni – che quantificò in euro 48.608.702 – conseguiti dalle lesioni alla mano destra cagionate dal morso del pastore tedesco del convenuto in occasione di una visita presso 1′ abitazione di costui, nel novembre 1994.
Il Tribunale respinse la domanda, mentre la Corte di appello di Venezia, con sentenza del 22 agosto 2011,ha riformato la sentenza di primo grado sulle seguenti considerazioni: 1) il caso fortuito, escludente la responsabilità del M., ravvisato dal primo giudice nell’ essersi la Z. introdotta in una stanza dell’ abitazione del convenuto in cui si trovava la moglie di costui e nell’ aver irritato colposamente il cane sia con la sua presenza, sia per aver tentato di dargli una carezza, non sussisteva poiché la Z. si recava spesso a trovare la moglie del M. e conosceva l’animale da quando era piccolo; 2) costei aveva invitato la Z. ad andarsene perché era occupata non perché il cane, che era nella stessa stanza, avrebbe potuto aggredire l’ospite; 3) pertanto avere la Z. tentato di accarezzare il cane non costituiva un fatto imprevedibile ed eccezionale e quindi non integrava il caso fortuito e perciò ai sensi dell’art. 2052 c.c. il proprietario del cane era responsabile delle lesioni da questo cagionate; 4) correttamente il C.T.U. aveva valutato il danno biologico permanente nella misura dell’ 11%, 1′ inabilità temporanea assoluta in 60 giorni e quella parziale al 50% in 90 giorni e quindi complessivamente in euro 41.496,32, oltre interessi legali dalla liquidazione. Ricorre per cassazione A.M.. Si sono difesi gli eredi di A.Z.. Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo il ricorrente lamenta: “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n,. 3 c.p.c.). Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (Art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) in relazione all’ art. 2052 c.c.” per non avere la Corte di merito considerato che dalle stesse dichiarazioni dell’ attrice era risultato che temeva il cane, tanto che aveva chiesto alla moglie del M. di farlo uscire dalla stanza, e tuttavia lo aveva accarezzato sul dorso sì che 1′ animale – pastore tedesco – 1′ aveva morsa, girandosi di scatto. Quindi è evidente 1′ imprudenza della Z. che avrebbe potuto non introdursi nella stanza dove era il cane, o almeno non carezzarlo, tanto più che la moglie del M. era impegnata e che la Z. si era introdotta entrando nel cancello del cortile e quindi si era assunta i rischi e i pericoli dovuti alla presenza del cane, senza allontanarsi come era stata invitata a fare, ed invadendo la proprietà altrui.
1.1- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta: “Violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’ art. 1227 c.c.” per non avere la Corte valutato che il cane era all’interno di una stanza con la moglie del M. e quindi almeno c’ è il concorso di colpa della Z. ai sensi dell’art. 1227 c.c.
I motivi, congiunti, sono infondati.
Ed infatti la Corte di merito ha correttamente applicato il principio secondo il quale del danno cagionato da animale risponde ai sensi dell’ art. 2052 cod. civ. il proprietario o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso in quanto la responsabilità si fonda non su un comportamento o un’attività – commissiva o omissiva – di costoro, ma su una relazione (di proprietà o di uso, fondante la custodia e la sorveglianza) intercorrente tra i predetti e l’animale, e poiché il limite della responsabilità risiede nell’intervento di un fattore (“salvo che provi il caso fortuito“) che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle modalità di causazione del danno, la rilevanza del fortuito deve essere apprezzata sotto il profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre ad un elemento esterno, anziché all’animale che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi. Ne consegue che spetta all’attore provare l’esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell’ animale e l’evento dannoso secundum o contra naturam, comprendendosi in tale concetto qualsiasi atto o moto dell’animale quod sensu caret (Cass. del 1977 n.261), mentre il convenuto, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare non già di essere esente da colpa o di aver usato la comune diligenza e prudenza nella custodia dell’animale, bensì l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cass. 7260 del 2013).
Pertanto, se la prova liberatoria richiesta dalla norma – che può anche consistere nel comportamento del danneggiato, ma per assurgere a fattore esterno idoneo a cagionare il danno deve avere i caratteri della imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità-(caso fortuito incidente che assorba l’intero rapporto causale: Cass. 1983 n. 1400), ovvero della condotta colposa, specifica o generica (caso fortuito concorrente con il comportamento dell’animale nella produzione eziologica dell’evento dannoso) – non viene fornita, del danno risponde il proprietario dell’ animale, essendo irrilevante che il comportamento dannoso di questo sia stato causato da suoi impulsi interni imprevedibili o inevitabili (Cass. 1983 n. 75).
A questi principi si è attenuta la Corte di merito nel ritenere responsabile delle lesioni subite dalla F. esclusivamente il M. non ravvisando nel comportamento di costei, che pur in ipotesi potrebbe aver concorso eziologicamente a causare il morso del cane nel volerlo accarezzare, la colpa a norma dell’ art. 1227, primo comma, cod. civ., con motivazione immune da vizi logici e giuridici, stante la conoscenza della casa, dei padroni dell’ animale e dello stesso fin da piccolo.
2.- Le alterne vicende del giudizio di merito giustificano la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
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