Prostituzione e stato di necessità
Sfruttamento della prostituzione e stato di necessità
Corte di Cassazione, sezione III Penale
sentenza 16 luglio – 7 ottobre 2015, n. 40270
Presidente Mannino – Relatore Rosi
Con la sentenza che di seguito si riporta, la Cassazione ha trattato il reato di atti osceni esaminando il caso di una donna che in luogo pubblico e alla vista dei passanti, commetteva degli atti osceni consumando un rapporto sessuale.
La donna veniva condannata nelle fasi di merito perchè secondo i giudici di primo e secondo grado la vicenda che aveva generato il processo non era compatibile con l’esimente dello stato di necessità, richiesta sulla base della circostanza che l’imputata, di nazionalità rumena, era stata sfruttata nel mercato della prostituzione con violenza e costrizione fisica, nonostante fosse passata in giudicato una sentenza della Corte di Assise di appello di Roma che la riconosceva vittima dei reato in riduzione in schiavitù a fini di sfruttamento sessuale, posto in essere da alcuni suoi connazionali.
Secondo i giudici territoriali l’imputata avrebbe potuto rivolgersi alle forze dell’ordine per sottrarsi a tale costrizione, ed inoltre sussisteva la consapevolezza in capo alla ricorrente di porre in essere la prestazione sessuale richiesta dall’occasionale cliente sulla pubblica via, in un contesto idoneo ad offendere la sensibilità dei passanti (i fatti del processo erano accaduti nei pressi di via Acquacetosa Ostiense, Roma).
Veniva presentato ricorso alla Corte di Piazza Cavour dal difensore dell’imputata lamentando la violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p. per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 54 c.p. ed ex art 606, lett. e) c.p.p. per travisamento della prova, illogicità e mancanza o mera apparenza della motivazione, in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dei reato sia oggettivi che soggettivi.
Gli ermellini hanno accolto il ricorso annullando senza rinvio la sentenza impugnata perché l’imputata non è punibile per avere agito in stato di necessità.
Articolo 527 Codice Penale
Atti osceni
Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni [726].
La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano.
Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantuno euro a trecentonove euro.
Leggi le motivazioni della sentenza
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