Poste, licenziato Direttore che prelevava soldi dai conti dei clienti
Poste, licenziato Direttore che prelevava soldi dai conti dei clienti
Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro
Sentenza 12 novembre 2014 – 9 gennaio 2015, n. 152
Presidente/Relatore Roselli
La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato il caso di un Direttore di un ufficio postale licenziato perchè, pur essendo privo di delega (e con modalità illecite, quali la falsa sottoscrizione) autorizzato verbalmente da due anziani coniugi, ricoverati in un casa di riposo, prelevava dai loro libretti di risparmio, delle somme di denaro.
Il ricorrente lamentava vizi di motivazione della sentenza emessa dalla Corte d’appello di Ancona (che a sua volta confermava quella emessa dal Tribunale) quanto alla tempestività della contestazione dell’addebito disciplinare, non avendo i giudici di merito spiegato perché le indagini relative all’illecito siano durate tre mesi e inoltre deduce la violazione degli artt. 99, 115 cod. proc. civ., 2907 cod. civ. e vizi di motivazione, per mancata indicazione, nel capo d’incolpazione e nella sentenza qui impugnata, delle norme, anche di regolamento, da lui violate; per omessa considerazione dell’autorizzazione di prelievi da parte della cointestataria del libretto postale; per violazione del principio di disponibilità delle prove nonché di proporzionalità della sanzione.
Per i supremi giudici “il motivo non è fondato poiché non é vero che la Corte di merito non abbia dato conto del proprio convincimento circa la tempestività della contestazione, essendosi riferita alla complessità delle necessarie indagini contabili e della complessiva organizzazione amministrativa della società datrice di lavoro“.
Inoltre, continuano i giudici, “l’evidente illiceità disciplinare della condotta contestata all’incolpato, potenzialmente lesiva del patrimonio di due clienti dell’impresa e del necessario legame fiduciario tra questa ed il suo dipendente, rende irrilevante la precisa evocazione delle norme regolamentari violate; che l’autoriz7 wione verbale attenua leggermente l’illecito, non essendo neppure risultato dagli atti il motivo dell’autorizzazione a prelevare complessivamente la ragguardevole somma di 69.000,00 euro; che , pacifici i fatti, il ricorrente non specifica come sarebbe stato violato il principio di disponibilità delle prove.”
Infine, concludono gli ermellini rigettando il ricorso, “la delicatezza della funzione svolta dal direttore dell’ufficio postale ed il necessario vincolo fiduciario con la datrice di lavoro, interrotto dalla condotta di cui sopra, giustificano la sanzione espulsiva“
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