Omicidio colposo e sinistro stradale
Omicidio colposo e sinistro stradale
Corte di Cassazione, sezione IV Penale
Sentenza 10 marzo – 21 aprile 2015, n. 16680
Presidente Zecca- Relatore Serrao
La Corte di Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato il caso di un omicidio colposo in conseguenza di un sinistro stradale tra un’automobile e una bicicletta.
I giudici di merito hanno ritenuto l’imputato responsabile della morte del ciclcista per aver proceduto ad una velocità non commisurata al centro abitato, al limite imposto, alla presenza di attraversamenti pedonali ed al fondo stradale bagnato per la pioggia.
Secondo la ricostruzione del sinistro operata nei gradi di merito, l’imputato percorreva la strada alla velocità di km/h 85 circa quando il ciclista si era immesso nell’incrocio dalla destra dell’automobilista senza dargli la precedenza e, a seguito dell’impatto, il ciclista finiva sul cofano dell’autovettura dopo aver sfondato con la testa il parabrezza venendo poi sbalzato in avanti unitamente al velocipede alla distanza di circa 24 metri dal punto d’urto, decedendo dopo qualche ora.
L’automobilista ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
a) inosservanza o erronea applicazione degli artt.589 cod. pen. e 192 cod. proc. pen., mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale ha confermato il giudizio di responsabilità condividendo acriticamente le conclusioni del perito e svilendo di significato le valutazioni alle quali era pervenuto il consulente tecnico della difesa, senza dare conto della scelta operata. Il ricorrente deduce che la velocità calcolata dal perito oltre sei anni dopo il sinistro, in condizioni di tempo diverse da quelle esistenti al momento del fatto, non fosse confermata dalle tracce di frenata dell’autovettura né dal danno cagionato dall’impatto e dalla distanza alla quale sono stati proiettati velocipede e ciclista, posto che la traccia di frenata lasciata dall’autovettura corrispondeva al tempo di reazione di un individuo nel momento in cui avvista un pericolo, equivalente ad un secondo, durante il quale una macchina in marcia entro il limite di velocità consentito percorre m.13,90. La Corte, si assume, non ha spiegato per quali ragioni la consulenza tecnica di parte dovesse dichiararsi inattendibile ed ha ritenuto irrilevante il concorso di colpa della vittima nella causazione del sinistro nonostante si trattasse di elemento in presenza del quale, anche con una velocità inferiore dell’autovettura, il sinistro non sarebbe stato evitato nè avrebbe avuto esiti meno gravi;
b) inosservanza o erronea applicazione degli artt. 589,133 e 62 bis cod. pen. Il ricorrente lamenta che il giudice dì appello ha confermato la pena irrogata dal giudice di primo grado, di fatto escludendo il riconoscimento delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, deducendo che in ogni caso l’incidenza causale della condotta imprudente della vittima e l’assenza di precedenti penali dell’imputato avrebbero dovuto indurre a dichiarare le circostanze attenuanti generiche prevalenti.
La Corte di legittimità, osserva che “non può prendere in esame, una volta esaurito il giudizio di congruità e non manifesta illogicità della motivazione, le deduzioni svolte dal ricorrente per confutare la correttezza del giudizio di merito, trattandosi di compito che esula dalle funzioni del giudice di legittimità“.
Inoltre, continuano i giudici rigettando il ricorso, “risultano inconferenti le doglianze che si fondano sull’affermazione peritale secondo la quale, ad una velocità inferiore al limite massimo consentito, la collisione verosimilmente sarebbe stata evitata, trattandosi di affermazione che non ha costituito il presupposto argomentativo della pronuncia impugnata“.
Leggi il testo della sentenza
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