Impianti sciistici e responsabilità per i danni subiti
Impianti sciistici e responsabilità per i danni subiti
Corte di Cassazione III Sezione Civile
Sentenza 17 luglio – 22 ottobre 2014, n. 22344
Presidente Salmé – Relatore Amendola
La Suprema Corte di Cassazione ha esaminato una caso molto interessante sulla responsabilità ex art. 2043 c.c.
Già molti utenti si stanno preparando per la stagione invernale. Si prepara l’attrezzatura da sci e si aspetta la prima neve.
La questione trattata con la sentenza in commento riguarda parla proprio di neve anzi di impianti sciistici e di responsabilità per i danni causati a terzi dalla condotta inappropriata di altri.
Nel motivare il suo convincimento il giudice di merito ha osservato che l’estensione della responsabilità contrattuale del gestore di impianto sciistico al controllo di eventuali comportamenti imprudenti del singolo sciatore non ha alcuna base nei principi giuridici che governano la materia. Quanto poi al richiamo alla regola generale del neminem laedere, ha rilevato che, trattandosi di responsabilità per omissione, deve essere sempre individuata la fonte normativa dell’obbligo di attivarsi, nella specie insussistente.
La Cassazione osservava che “sotto il profilo degli obblighi nascenti, a carico del gestore di un comprensorio sciistico dal contratto di ski-pass, e cioè della responsabilità contrattuale, non c’è dubbio che il titolare dell’impianto assume l’impegno di garantire la buona manutenzione delle piste e di prevenire situazioni di pericolo, predisponendo le opportune protezioni e segnalazioni. A siffatti incombenti non può tuttavia darsi un’estensione tale da far ricadere sul gestore la responsabilità della non appropriata condotta degli utenti, tutte le volte in cui da questa sia derivato un danno a terzi. Si tratterebbe, a ben vedere, di un’obbligazione praticamente inesigibile, stante la natura intrinsecamente pericolosa dell’attività sportiva esercitata sulle piste da sci, le dimensioni ragguardevoli che esse di solito hanno, la normale imprevedibilità di quelle condotte, anche per la contestuale incidenza di fattori naturali non governabili dal gestore“.
Non ignora il collegio che “la problematica della tipicità o dell’atipicità dell’illecito omissivo che ha dato luogo a soluzioni contrastanti anche nella giurisprudenza di questa Corte” avendo sia pronunce in cui si afferma che quando dalla condotta omissiva di un soggetto sia derivato ad altri un danno ingiusto, l’utente ne risponde solo se aveva il dovere di attivarsi ovvero se aveva cioè un vero e proprio obbligo di impedire l’evento in base a una norma specifica o in base a un rapporto negoziale, sia altre il base alle quali, determinate circostanze, l’inerzia può essere socialmente antidoverosa e giuridicamente illecita.
I giudici hanno deciso di aderire a tale ultima opzione ermeneutica correggendo la decisione dei giudici territoriali ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 384 cod. proc. civ.
In conclusione, “pur non esistendo a carico di ciascun consociato un generale dovere di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, ben possono darsi situazioni pratiche in presenza delle quali, in nome dei principi di solidarietà sociale, di cui all’art. 2 della Costituzione, insorgono a carico dei soggetti che vi sono coinvolti doveri e regole di azione, la cui inosservanza integra gli estremi dell’omissione imputabile, con conseguente responsabilità civile“
Dovendosi escludere la sussistenza di un dovere del gestore di vigilare sulla condotta dei singoli utenti, stante la sostanziale inesigibilità dello stesso, per quanto innanzi detto, la qualificazione dell’inerzia della società in termini di culpa in omettendo esigeva l’allegazione e la prova dell’intervenuta segnalazione dell’anomala condotta dello sciatore; ovvero l’allegazione e la prova che la stessa era caduta sotto la diretta percezione degli addetti; in definitiva, l’allegazione e la prova di sollecitazioni che avrebbero dovuto allertare un accorto titolare della struttura, di talché il fatto di averle ignorate costituiva omissione inescusabile.
Ma tanto non risulta nella fattispecie dedotta in giudizio.
Ne deriva che la chiamata in responsabilità della stessa – in assenza di condizioni idonee ad allocare il suo mancato intervento fuori dal cono d’ombra del giuridicamente inesigibile, connotandolo in termini di condotta antidoverosa – potrebbe avvenire solo in nome di quell’obbligo di vigilanza diffuso la cui esistenza è stata innanzi negata (responsabilità in quanto custode dell’impianto ex art. 2051 cod. civ. – non essendo però mai stata evocata).
Leggi il testo della sentenza
Articolo 2043 Codice Civile
Risarcimento per fatto illecito
Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno [2058].
Articolo 2051 Codice Civile
Danno cagionato da cosa in custodia
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito [1218, 1256, 2052].
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