GdP e mancata comparizione del querelante
GdP e mancata comparizione del querelante
Cassazione Penale Sezione V
Sentenza Num. 8638 Anno 2016
Con la sentenza che di seguito si riporta, la Corte di Cassazione ha esaminato il caso in cui la querela non è seguita dalla volontà del querelante di partecipare al processo e quindi ha spiegato la ratio che ha portato a considerare detto comportamento come se fosse una chiara manifestazione di non voler procedere oltre come se vi fosse stata da parte di quest’ultimo una remissione tacita della querela.
Infatti, chiariscono gli ermellini citando alcuni precedenti delle Sezioni Unite che la mancata collaborazione al processo (accusatorio e che vuole dunque che la prova sia formata al dibattimento) e l’assenza della voce di chi dovrebbe dare corpo e fondamento alla pretesa punitiva che consente di dubitare della persistenza di tale volontà possa essere considerata quale volontà di non proseguire l’azione penale e, tenuto conto del fatto che il processo innanzi al Giudice di Pace debba promuovere la conciliazione tra le parti, finalizzata proprio alla remissione di querela e alla relativa accettazione, tale comportamento deve essere interpretato quale remissione tacita della querela.
Si legge in sentenza “la mancata comparizione del querelante – previamente ed espressamente avvisato che l’eventuale successiva assenza sarà interpretata come remissione tacita della querela – integra gli estremi della remissione tacita, sempre che egli abbia personalmente ricevuto detto avviso, non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta (in tal senso, tra le tante, Sez. 5, n. 14063 del 19/03/2008, P.G. in proc. Calza, Rv. 239439; Sez. 5, n. 31963 del 25/06/2001, PG in proc. Pompei A., Rv. 219714).
E la convinta adesione a tale orientamento non può che partire da una riflessione sulle caratteristiche del processo penale dinanzi al Giudice di Pace, come evincibili dal principio generale sancito nell’art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 274/2000, improntato al c.d. favor conciliativo tra le parti: “Nel corso del procedimento il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione delle parti”.
Tale principio generale trova la sua ulteriore consacrazione nel comma quarto dell’art. 29 (norma dedicata all’udienza di comparizione), che, quando il reato è perseguibile a querela, prevede che il Giudice di Pace debba promuovere la conciliazione tra le parti, finalizzata proprio alla remissione di querela e alla relativa accettazione, contemplate nel comma quinto della stessa norma“
Testo della Sentenza n. 8638-2016
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