Evasione, crisi di astinenza tossicodipendente e stato di necessità
Evasione, crisi di astinenza tossicodipendente e stato di necessità
Corte di Cassazione VI Sezione Penale
Sentenza 24 settembre – 30 ottobre 2014, n. 45068
Presidente Milo – Relatore Bassi
La Cassazione ha esaminato il caso di un tossicodipendente condannato in primo e secondo grado in relazione al reato di evasione di cui all’articolo 385 del codice penale.
Più nello specifico, la questione sottoposta al giudizio della corte di legittimità riguardava l’applicabilità della scriminante dovuta allo stato di necessità del tossicodipendente il quale si era attivato in ogni modo per procurarsi il metadone e dunque per scongiurare il sopraggiungere di tale condizione.
Per la Corte “il ricorso è infondato e deve essere pertanto rigettato.
Le conclusioni dei giudici distrettuali si pongono dunque perfettamente in linea con il consolidato insegnamento di questo giudice di legittimità, secondo cui non ricorre lo stato di necessità rilevante ex art. 54 cod. pen. in presenza della mera circostanza che un soggetto tossicodipendente versi in crisi di astinenza, trattandosi della conseguenza di un atto di libera scelta e quindi evitabile da parte dell’agente“.
I giudici osservano che “secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di cause di giustificazione, l’allegazione da parte dell’imputato dell’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti, tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in tale stato“
Giustamente le corti territoriali evidenziavano nell’argomentare il denegato riconoscimento della causa scriminante in parola, che “in caso di urgenza è possibile richiedere l’intervento dei 118 o comunque attivare la prescrizione del farmaco attraverso il medico curante e, quindi, chiedere al giudice competente l’autorizzazione per le cure e le terapie del caso“.
Nel caso di specie l’imputato “si tratteneva almeno tre ore fuori dal domicilio, dunque oltre il tempo strettamente necessario per procurarsi la sostanza necessaria a fare fronte al dedotto imminente stato di pericolo“
Leggi il testo della sentenza
Articolo 385 Codice Penale
Evasione
Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
La pena è della reclusione da due a cinque anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed è da tre a sei anni se la violenza o minaccia è commessa con armi [585 2] o da più persone riunite.
Le disposizioni precedenti si applicano anche all’imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonché al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale.
Quando l’evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena è diminuita [65].
Articolo 54 Codice Penale
Stato di necessità
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo [55].
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