Elevato rischio di reiterazione specifica
Elevato rischio di reiterazione specifica
Suprema Corte di Cassazione IV Sezione Penale
Ud. 22/09/2016 – Dep.26/09/2016) Sentenza n. 39857/2016
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 310 codice di rito, il Tribunale di Genova ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di P.H., avverso il provvedimento con il quale la Corte d’Appello di Genova aveva respinto l’istanza di sostituzione della massima misura afflittiva in atto nei confronti del predetto, con quella degli arresti domiciliari in luogo posto a congrua distanza dal teatro dei fatti (tre furti in abitazione in concorso).
2. L’imputato ha proposto ricorso a mezzo di difensore, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio motivazionale, in relazione alla ritenuta proporzionalità ed adeguatezza della misura in atto, non avendo il giudice del merito considerato le argomentazioni svolte a difesa (lontananza dell’abitazione ove dovrebbero eseguirsi gli arresti domiciliari rispetto al luogo dei commessi reati; giovanissima età ed incensuratezza dell’imputato; possibilità di applicare il braccialetto elettronico; periodo di custodia già sofferto; tipologia dei reati commessi, tali da richiedere una ampia libertà di manovra che la misura proposta ben potrebbe interdire, specie ove si facesse uso del braccialetto elettronico).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il Tribunale della libertà ha rigettato l’appello, rilevando che l’appellante era stato condannato in primo e secondo grado alla pena di anni 4 di reclusione per i fatti ascrittigli, che i furti erano stati commessi nell’arco di due giorni, a dimostrazione di una vera e propria specializzazione dell’imputato in quel settore criminoso, significativa di un elevato rischio di reiterazione specifica, anche in considerazione del carattere allarmante dei crimini commessi.
Oltre a ciò, quel giudice ha valorizzato la circostanza che uno dei furti era stato commesso mentre il P. era sottoposto a misura non detentiva, a dimostrazione della noncuranza alle restrizioni imposte e della inidoneità concreta di altre misure a salvaguardare le esigenze cautelari, a fronte di una posizione processuale consolidata, con una doppia condanna ad una pena elevata, tale da fare escludere che la misura in atto presenti aspetti di sproporzione, anche a fronte della custodia già subita.
3. L’unico motivo formulato è manifestamente infondato.
Con esso la parte ha in sostanza reiterato le doglianze rassegnate con il gravame cautelare, senza considerare le argomentazioni sulle quali il Tribunale ha basato la decisione di rigetto dell’appello. Esse, al contrario, appaiono del tutto coerenti con gli elementi fattuali considerati e non contestati, non sono contraddittorie nè illogiche e, pertanto, si sottraggono al sindacato di questo giudice, al quale, in definitiva, la parte ha opposto una propria, alternativa valutazione, inammissibile in questa sede.
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende, disponendosi altresì la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 22 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016
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