Coordinate ermeneutiche in ordine all’art. 30, comma 3 c.p.a. …
L’utilizzo nel secondo periodo del comma terzo dell’art. 30 c.p.a., della formula al plurale “attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti” non ha certamente il significato di imporre al danneggiato l’esperimento di tutti gli strumenti di tutela che l’ordinamento processuale prevede per la tutela in forma specifica dell’interesse legittimo (e, quindi, l’onere di esperire oltre alla tutela di annullamento, anche la tutela esecutiva mediante il giudizio di ottemperanza al giudicato di annullamento).
La scelta del legislatore del Codice di utilizzare il plurale (senza concentrarsi esclusivamente sulla proposizione della sola domanda di annullamento) ha un significato totalmente diverso: come si evince anche dai lavori preparatori e come indirettamente emerge anche dal dibattito sulla questione della pregiudizialità che ha preceduto l’approvazione del Codice del processo amministrativo, quel riferimento, al plurale, agli “strumenti di tutela previsti” ha il significato di consentire al privato danneggiato di poter attivare, per sottrarsi alla regola del concorso di colpa del danneggiato, strumenti di tutela, anche di natura extraprocessuale (ad esempio una istanza di autotutela, un ricorso amministrativo, una sollecitazione mediante diffida), diversi e meno onerosi (anche dal punto di vista economico) rispetto alla proposizione della domanda giudiziale di annullamento.
Il senso della scelta compiuta dal Codice sarebbe, invece, completamente sovvertito se, a fronte di un privato che, anziché limitarsi a mere istanze extraprocessuali, ha intrapreso la strada più faticosa e costosa del giudizio di annullamento, si potesse poi obiettare che questi è comunque in colpa, ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c., in quanto, ottenuta la sentenza di annullamento, non si è ulteriormente attivato per ottenerne l’esecuzione forzata tramite l’ottemperanza.