L’immunità giudiziale ex art. 598 C.P.
L’immunità giudiziale ex art. 598 C.P.
Suprema Corte di Cassazione V Sezione Penale – Sentenza n. 2507 del 18 gennaio 2017
(articolo a cura dell’Avv. Gaia Li Causi)
Con la sentenza n. 2507 del 18 gennaio 2017 la V Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha colto l’occasione per confermare il proprio orientamento in tema di immunità giudiziale. Istituto questo disciplinato dall’art. 598 codice penale, ove viene tratteggiato il limite della condotta penalmente rilevante per eventuali offese contenute in scritti o discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi alle Autorità Giudiziarie o Amministrative.
Se con riferimento ai presupposti applicativi dell’istituto in oggetto l’orientamento della Suprema Corte sembra ormai consolidato, non poche perplessità residuano, invece, in merito alla natura giuridica dell’istituto dell’immunità giudiziale, la cui ratio è quella di consentire la massima libertà nella esplicazione del diritto di difesa.
Secondo un primo orientamento – in tal senso si veda anche la sentenza oggetto di commento – esso costituirebbe una “applicazione estensiva del più generale principio posto dall’art. 51 cod. pen.”.
Pertanto, una volta collocato l’art. 598 c.p. nell’alveo delle cause di giustificazione, l’offesa riferita dalla parte o dal patrocinatore dovrebbe ritenersi scriminata e, pertanto, lecita per l’intero ordinamento giuridico.
Di diversa opinione, invece, altra parte della dottrina e della giurisprudenza secondo la quale l’art. 598 c.p. andrebbe inquadrato nell’ ambito delle cause di non punibilità in senso stretto. Secondo tale ricostruzione, a fronte di un comportamento comunque tipico, antigiuridico e colpevole, la non applicazione della pena opererebbe in virtù di un bilanciamento di interessi compiuto dal Legislatore.
Tralasciate le questioni inerenti la natura giuridica dell’istituto di cui all’art. 598 c.p., tuttavia, lo scenario giurisprudenziale muta notevolmente, giungendo invece a fornire un panorama di pronunce coerenti e conformi nel tratteggiarne i presupposti applicativi.
Questo il principio enunciato dal Supremo Collegio nella sentenza n. 2507 del 18 gennaio 2017 in commento: “In tema di delitti contro l’onore, perché possa ricorrere la scriminante prevista dall’art. 598 cod.pen. è necessario che le espressioni ingiuriose concernano in modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta”.
Principio questo che richiama numerosi altri precedenti giurisprudenziali. Ex multis si veda Cassazione Penale n. 12402 del 21 maggio 2013: “La speciale esimente contemplata dall’art. 598 cod. pen. […] trova applicazione sempre che le offese riguardino in modo diretto ed immediato l’oggetto della controversia e abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni svolte a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta”.
Pertanto, requisito imprescindibile ai fini di una corretta applicazione dell’istituto di cui all’art. 598 c.p è quello della pertinenzialità di quanto esposto all’oggetto della causa. Non è invece anche richiesto il requisito della sua veridicità, presupposto ritenuto dal Legislatore incompatibile con l’esercizio del diritto di difesa.
“Per la configurazione dell’esimente di cui all’art. 598 c.p., le offese non devono avere una base di veridicità o una particolare continenza espressiva; inoltre, non occorre che siano in rapporto di giuridica necessità o utilità con l’esercizio del diritto di difesa del soggetto che le ha scritte, bastando che siano in qualche modo collegate con la tesi difensiva delle parti in contesa e con l’oggetto della causa, anche se non rispondenti a verità o dettate da motivi personali di risentimento dell’offensore”(Cassazione penale sez. V 30 ottobre 2013 n. 12418).
Testo della Sentenza n. 2507/2017
Articolo 598 Codice Penale
Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative
Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all’Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un’Autorità amministrativa, quando le offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.
Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale [185]. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazioni della sentenza [89].
L’articolo L’immunità giudiziale ex art. 598 C.P. sembra essere il primo su sentenze cassazione.