Quando l’assegno di mantenimento spetta al marito son dolori …
Quando l’assegno di mantenimento spetta al marito son dolori …
Cassazione civile sezione I Numero: 8716
Udienza del 05/02/2015 depositata il 29/04/2015
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato un caso di separazione tra coniugi in cui, in base all’alto tenore di vita goduto durante il matrimonio, veniva assegnata a carico della moglie una cifra importante (2000 euro) per il mantenimento del marito.
Il Tribunale di Teramo aveva originariamente posto a carico della donna l’obbligo di corrispondere al marito un assegno di mantenimento di 500 euro mensili annualmente rivalutabili ma la corte territoriale ha ritenuto inadeguata la misura dell’importo sulla base del fatto che da un lato vi era l’elevato tenore di vita che la coppia conduceva prima della separazione, assicurato principalmente dai cospicui redditi di cui godeva la moglie, coniuge economicamente più forte, e dall’altro vi era il fatto che il marito era stato licenziato dall’azienda della quale era dipendente ed era stato posto in mobilità.
La corte quindi disponeva un aumento dell’assegno di mantenimento dovuto dalla donna al marito, determinandolo in Euro 800 mensili dalla data della domanda al febbraio del 2007, ed in Euro 2000 mensili dal marzo successivo alla data in cui, a seguito dell’introduzione del giudizio di divorzio, i rapporti patrimoniali fra i coniugi risultavano regolati dall’ordinanza presidenziale di fissazione provvisoria dell’assegno divorzile.
Veniva proposto ricorso per Cassazione sulla base di diversi motivi lamentati dalla ex moglie ma, i giudici di Piazza Cavour, con la sentenza in commento, lo hanno dichiarato inammissibile condannando la ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.
Si legge in sentenza “nessuno dei motivi in esame prospetta ragioni di doglianza riconducibili al vizio di legittimità delineato dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b) convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, il quale esige che il ricorrente indichi il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” lo stesso sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. SS.UU, n. 8053/2014).”
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