Le peculiarità degli illeciti anticoncorrenziali condizionano le regole per l’irrogazione …
In relazione alla censura tesa a dimostrare l’intervenuta prescrizione della pretesa impositiva, in punto di diritto, va considerato che, la maggior durata dei procedimenti a tutela della concorrenza, derivante dalla complessità degli accertamenti richiesti e la possibilità che la scoperta degli illeciti avvenga anche a distanza di tempo rispetto ai fatti, sono elementi di difficile compatibilità con la fissazione di un termine massimo da riferire alla condotta. Invero, la rigida previsione di un termine di cinque anni, come quello individuato dall'art. 28 della legge n. 689 del 1981 risulta inidonea rispetto a valutazioni riferite a un dato mercato rilevante. A ciò si accompagnano, altresì, la considerazione del carattere tendenzialmente permanente dell’illecito anticoncorrenziale, della ripetitività dell’azione e del bene protetto essenzialmente immateriale (e la prescrizione decorre dalla cessazione della permanenza: art. 158, primo comma, Cod. pen.); come la considerazione che lo stesso evento (da cui decorre il termine) non è facilmente identificabile nel tempo.
In ordine alla decadenza dal potere di esercizio dell’attività sanzionatoria, la giurisprudenza afferma che l’art. 14 l. n. 287 del 1990 non prevede un termine di inizio del procedimento e non opera l’art. 14 l. n. 689 del 1981. Comunque, a tutto concedere, il tempo entro cui l'AGCM deve notificare la contestazione dell'art. 14 è collegato non alla commissione della violazione, ma al tempo di accertamento dell'infrazione, pertanto non già alla notizia del fatto sanzionabile, ma all'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita; quindi dal compimento dell'attività di verifica dell'esistenza dell'infrazione, comprensiva delle indagini tese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi (Cons. Stato, VI, 2 febbraio 2012 n. 582; 5 agosto 2013 n. 4085; 22 luglio 2014, n. 3896).