Danno non patrimoniale e prova della relazione affettiva tra familiari
Danno non patrimoniale e prova della relazione affettiva tra familiari
Suprema Corte di Cassazione Sezione III Civile
Sentenza 3 febbraio – 10 aprile 2015, n.7191
(Presidente Segreto – Relatore Lanzillo)
La Corte di Cassazione, con la sentenza che si riporta in fondo alla pagina, ha trattato un interessante caso riguardante il danno non patrimoniale in cui ha affermato che anche detti danni debbono essere dimostrati, anche per mezzo di presunzioni al fine di poter giustificare il risarcimento.
La Corte, esaminando il caso in commento, in cui in un sinistro gli eredi del defunto convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma i conducenti e proprietari dei due autocarri interessati, nonché le loro rispettive assicurazioni, per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, i giudici di Piazza Cavour hanno ribadito che assume grande rilevanza la qualità e l’intensità della relazione affettiva familiare tra la vittima dell’incidente ed i parenti.
si legge in sentenza “non è necessariamente significativa, ben potendo anche nell’ambito della famiglia legittima sopraggiungere separazione personale, legale o di fatto: quanto meno la dimostrazione che, nonostante la lontananza, la vittima intratteneva rapporti con la moglie e con i figli, avrebbe dovuto essere offerta … Né i ricorrenti dimostrano di avere quanto meno dedotto il peculiare danno subìto dai figli in relazione alla giovane età, al fine di graduare in proporzione l’entità del risarcimento, sì da poter giustificare le censure rivolte in questa sede alla sentenza impugnata, per non avere tenuto conto di tale circostanza … Assumono i ricorrenti che il danno avrebbe dovuto essere quantificato quanto meno con riferimento al triplo della pensione sociale, in base ai dati desumibili dalla comune esperienza … La prova di una qualche, sia pur minima rimessa in denaro del dante causa in favore dei familiari avrebbe potuto essere facilmente offerta, a giustificazione della domanda risarcitoria. In mancanza di ogni elemento concreto, la sentenza impugnata non può che essere confermata“
Testo della sentenza
Suprema Corte di Cassazione Sezione III Civile
Sentenza 3 febbraio – 10 aprile 2015, n.7191
Presidente Segreto – Relatore Lanzillo)
Svolgimento del processo
A seguito di un sinistro stradale occorso in Terracina il 15 giugno 2006 è deceduto A. M. R., di nazionalità rumena, trasportato su di un autocarro coinvolto in un tamponamento.
I congiunti ed eredi del defunto, MR, vedova, MD e C.A.R., figli, CR., fratello, e T.R., madre del defunto, a mezzo del loro procuratore speciale, S.T., hanno convenuto davanti al Tribunale di Roma GDC, S.S:e la s.a.s. Top Trans di S.S,, conducenti e proprietari dei due autocarri, nonché i loro assicuratori, s.p.a. Milano Assicurazioni e s.p.a. La Nuova Tirrena (oggi s.p.a. Groupama), per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. I convenuti hanno resistito ed, esperita l’istruttoria anche tramite CTU, con sentenza n. 6933/2009 il Tribunale di Milano ha dichiarato i due conducenti responsabili in ugual misura del sinistro ed ha condannato tutti i convenuti in via solidale al risarcimento dei soli danni morali, quantificati in E 15.000,00 per la moglie, in somme maggiori per la madre e per i due figli, ed in E 22.000,00 per il fratello.
Proposto appello principale dai danneggiati e incidentale da Groupama, a cui hanno resistito gli appellati, con sentenza 3 -16 febbraio 2011 n. 282 la Corte di appello di Milano, in riforna della sentenza di primo grado, ha quantificato in E 150.000,00 per ciascuno la somma spettante in risarcimento alla vedova, ad ognuno dei figli ed alla madre, confermato la somma già attribuita in primo grado al fratello. Ha respinto l’appello incidentale ed ha posto a carico degli appellati le spese del grado.
I R. propongono due motivi di ricorso per cassazione. Resiste con controricorso Groupama.
Milano Ass.ni ha depositato memoria di costituzione per partecipare alla discussione.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo i ricorrenti lamentano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione quanto alla liquidazione dei danni non patrimoniali, adducendo che la somma di E 150.000,00 attribuita a moglie, figli e madre, corrisponde alla somma minima di cui alle tabelle del Tribunale di Milano e che la Corte di appello ha giustificato l’applicazione dei minimi per il fatto che gli attori non hanno offerto alcuna prova del permanere dei rapporti familiari e affettivi, nonostante il fatto che l’infortunato si fosse allontanato dalla famiglia.
Assumono i ricorrenti che, trattandosi di famiglia legittima, non vi è necessità di dimostrare alcunché.
1.1.- La Corte di appello ha rilevato che nulla i danneggiati hanno dimostrato (e neppure dedotto) a prova dei danni; che “si ignora non solo da quando la vittima si era allontanata dalla famiglia, ma anche il tipo di relazioni e contatti intrattenuti con i familiari durante la permanenza in Italia, vale a dire la qualità ed intensità della relazione affettiva e familiare con questi ultimi.
Quanto poi al fratello, egli non era neppure convivente con la vittima ed a maggior ragione si sarebbero dovute quanto meno dedurre circostanze di fato idonee a dimostrare la natura e l’intensità del legame affettivo tra i fratelli. Si ricorda che i danni non patrimoniali debbono essere anch’essi dimostrati, quanto meno con riferimento a presunzioni, per giustificare l’attribuzione del risarcimento, e che nella specie la Corte ha rilevato che nulla è stato neppure allegato.
La circostanza che si trattava di famiglia legittima da un lato ha giustificato l’attribuzione della somma non irrilevante di C 150.000,00 per ciascuno. Dall’altro lato non è necessariamente significativa, ben potendo anche nell’ambito della famiglia legittima sopraggiungere separazione personale, legale o di fatto: quanto meno la dimostrazione che, nonostante la lontananza, la vittima intratteneva rapporti con la moglie e con i figli, avrebbe dovuto essere offerta.
Né i ricorrenti dimostrano di avere quanto meno dedotto il peculiare danno subìto dai figli in relazione alla giovane età, al fine di graduare in proporzione l’entità del risarcimento, sì da poter giustificare le censure rivolte in questa sede alla sentenza impugnata, per non avere tenuto conto di tale circostanza.
La motivazione della sentenza impugnata non è quindi suscettibile di censura.
2.- Parimenti infondato è il secondo motivo, che denuncia violazione degli art. 2043, 2056 e 1226 cod. civ., 237 d.l. 209/2005, quanto al rigetto della domanda di liquidazione dei danni patrimoniali. Assumono i ricorrenti che il danno avrebbe dovuto essere quantificato quanto meno con riferimento al triplo della pensione sociale, in base ai dati desumibili dalla comune esperienza.
2.2.- Il motivo non è fondato.
Anche a tal proposito la Corte di appello ha rilevato che nulla i danneggiati hanno dimostrato quanto al fatto che il (omissis) lavorasse in Italia, che disponesse di un reddito e che contribuisse al mantenimento della famiglia.
La prova di una qualche, sia pur minima rimessa in denaro del (omissis) in favore dei familiari avrebbe potuto essere facilmente offerta, a giustificazione della domanda risarcitoria. In mancanza di ogni elemento concreto, la sentenza impugnata non può che essere confermata.
3.- Il ricorso è respinto.
4.- Considerata la difformità fra le decisioni di merito, che può avere creato incertezza in ordine alla fondatezza delle censure proposte, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
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