Aggravante della crudeltà e della premeditazione
Aggravante della crudeltà e della premeditazione
Corte di Cassazione, sezione I Penale
Sentenza 12 marzo – 13 aprile 2015, n. 14998
Presidente Giordano – Relatore Bonito
La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esamintao un caso in cui non ha riconosciuto in capo all’imputato l’aggravante della crudeltà nonostate avesse pugnalato la moglie con undici coltellarte davanti agli occhi del figlio.
La Corte, nel giudicare questo caso di omicidio ha spiegato quindi ciò che deve prendersi in considerazione al fine di applicare l’aggravante della premeditazione e quello della crudeltà e, in quest’ultimo caso, ribadendo una costante giurisprudenza in materia, ha precisato che “la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 4 c.p. ricorre allorquando vengano inflitte alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell’evento, nel senso che occorre un “quid pluris” rispetto all’esplicazione ordinaria dell’attività necessaria per la consumazione del reato, poiché proprio la gratuità dei patimenti cagionati rende particolarmente riprovevole la condotta del reo, rivelandone l’indole malvagia e l’insensibilità a ogni richiamo umanitario. In applicazione di tale principio è stata pertanto negata la ricorrenza dell’aggravante in parola nella ipotesi dell’omicidio, commesso in un impeto di gelosia, caratterizzato dalla mera reiterazione di colpi di coltello inferti alla vittima e questo sul rilievo che tale reiterazione, essendo connessa alla natura del mezzo usato per conseguire l’effetto delittuoso, non eccede i limiti della normalità causale e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza specie in considerazione del movente delittuoso“
In pratica, secondo detto orientamento “nel delitto di omicidio, la mera reiterazione di colpi inferti alla vittima non è condotta rilevante ai fini della configurabilità della circostanza aggravante consistente nell’aver agito con crudeltà, in quanto, essendo connessa alla natura del mezzo usato per conseguire l’effetto delittuoso, non eccede i limiti della normalità causale e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza” e, pertanto, nel caso di specie, le undici coltellate sono state considerate quali fendenti portati per eseguire l’omicidio e non per procurare una sofferenza aggiuntiva, peraltro divenuta impossibile dappoiché accertato che le primissime coltellate avevano immediatamente cagionato la morte della ragazza.
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