Difformità tra il dispositivo e le motivazioni, cosa dice la Cassazione ?
Difformità tra il dispositivo e le motivazioni, cosa dice la Cassazione ?
Corte di Cassazione, sezione IV Penale
Sentenza 18 febbraio – 2 marzo 2015, n. 9187
Presidente Sirena – Relatore Montagni
La Corte di Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato un caso simile a molti altri già trattati nelle pagine del blog ma sempre interessante perchè riguarda la difformità tra cosa è stato letto in udienza durante la lettura del dispositivo e quanto poi viene redatto nella motivazione della sentenza. La domanda è quindi sempre la stessa, quale atto prevale in caso di difformità?
Nel caso di specie, veniva portato al vaglio della Suprema Corte una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Nocera inferiore e in sedondo grado dalla Corte d’appello di Salerno relativo al reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose di cui agli artt. 624, 625 n. 2, cod. pen.
Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza impugnata, dolendosi del rigetto della richiesta di declaratoria di improcedibilità dei reato, per difetto di rituale querela, da parte della Corte di Appello. La parte osserva che il Tribunale, nella motivazione della sentenza, ha escluso la sussistenza della contestata aggravante; e considera che la querela non è stata proposta dal legale rappresentante della società.
Inoltre, la parte si duole anche del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
La Corte di Cassazione osserva che “con riguardo alla qualificazione del fatto di reato per il quale è giudizio, questione affidata al primo motivo di ricorso, si osserva che la Corte territoriale, soffermandosi specificamente sul tema di interesse, ha sviluppato un analitico percorso argomentativo, che risulta immune da censure rilevabili in questa sede di legittimità.
Invero, il Collegio ha considerato che il Tribunale aveva accertato la sussistenza del reato nella forma aggravata, conformemente all’oggetto della contestazione. Sul punto, del tutto conferentemente, la Corte territoriale ha osservato che il tenore della frase pure utilizzata dal giudice di primo grado, nel corpo della motivazione, valorizzata dall’appellante, non consentiva di ritenere che il Tribunale avesse, in realtà, escluso la circostanza aggravante della violenza sulle cose, tenuto conto del calcolo della pena, come in concreto effettuato e posto mente al fatto che, nel dispositivo della sentenza di primo grado, non si fa menzione della esclusione della predetta aggravante.
Deve poi osservarsi che la valutazione della Corte territoriale risulta coerente con l’orientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza di legittimità. Si è, infatti, affermato che il dispositivo, il quale, attraverso la lettura in pubblica udienza, acquista rilevanza esterna prima della motivazione e indipendentemente a essa, non può essere modificato con la motivazione; e che, pertanto, in caso di difformità tra il dispositivo e la motivazione, il primo prevale sulla seconda, in quanto il dispositivo costituisce l’atto con il quale il giudice estrinseca la volontà “della legge” nel caso concreto, mentre la motivazione assolve una funzione strumentale“
Con riferimento al secondo motivodel ricorso la corte precisa che “la Corte di Appello, soffermandosi specificamente sul relativo motivo di doglianza, ha osservato che i numerosi e specifici precedenti penali che si rinvengono a carico dell’imputato non consentivano di valutare positivamente la richiesta di concessione delle attenuanti generiche; il Collegio ha inoltre considerato che le condizioni di disagio del prevenuto, rappresentate nell’atto di impugnazione, non erano supportate da alcuna allegazione. In tali termini, la Corte di Appello ha soddisfatto lo specifico obbligo motivazionale, sviluppando un percorso argomentativo immune da aporie di ordine logico e conferentemente ancorato alle acquisite emergenze di prova“.
Articoli di riferimento:
Articolo 624 Codice Penale
Furto
Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da centocinquantaquattro euro a cinquecentosedici euro [625, 626, 649].
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico [c.c. 814; c. nav. 1148].
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, n. 7 e 625.
Articolo 625 Codice Penale
Circostanze aggravanti
La pena per il fatto previsto dall’art. 624 è della reclusione da uno a sei anni e della multa da centotre euro a milletrentadue euro:
[1) se il colpevole, per commettere il fatto, si introduce o si trattiene in un edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione];
2) se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento;
3) se il colpevole porta indosso armio narcotici, senza farne uso;
4) se il fatto è commesso con destrezza, [ovvero strappando la cosa di mano, o di dosso alla persona];
5) se il fatto è commesso da tre o più persone[112 n. 1], ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale [357] o d’incaricato di un pubblico servizio [358];
6) se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande [c. nav. 1148];
7) se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro[c.c. 1798, 2905, 2793; c.p.c. 670-673; c. nav. 682; c.p. 189-190; c.p.p. 354, 253, 317, 320] o a pignoramento [c.p.c. 491], o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza [635 n. 3];
7-bis) se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica;
8) se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.
8 bis) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto;
8 ter) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.
Se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da duecentosei euro a millecinquecentoquarantanove euro.
Leggi il testo della sentenza
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