Agente usa il tesserino per entrare ad una festa. E’ un abuso di potere?
Agente usa il tesserino per entrare ad una festa. E’ un abuso di potere?
Corte di Cassazione, sezione VI Penale
Sentenza 22 gennaio – 26 febbraio 2105, n. 8625
Presidente Conti – Relatore Leo
La sentenza che di seguito si riporta, riguarda un caso di un agente di polizia penitenziari a di Messina che, per parteciapre ad una festa, trovandosi senza invito, ha pensato di esibire il proprio tesserino per convincere la guardia giurata che presidiava l’ingresso selenzionando gli accessi.
L’agende di polizia penitenziaria, mostrando il tesserino, faceva presente di avere diritto all’ingresso sebbene fosse privo di invito, ma alla risposta negativa della guardia giurata, l’imputato non esitava ad usare la forza nei confronti dell’interlocutore nel tentativo di spostarlo per varcare l’ingresso.
Il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, che ha disposto il non luogo a procedere nei confronti dell’imputato riguardo al delitto di cui agli artt. 56 e 316 quater cod. pen., concludeva in tal senso «il comportamento, al di là degli aspetti di inopportunità e di risìbilità non appare volto a raggiungere una utilità giuridicamente significativa né insistito sotto il profilo della induzione».
Il Pubblico Ministero, denunciando vizi di motivazione e violazioni della legge penale processuale e sostanziale, presentava ricorso sulla base del fatto che il Giudice territoriale avrebbe derogato, senza per altro alcuna motivazione al proposito, la regola di giudizio tipica dell’udienza preliminare, ad esempio ipotizzando una desistenza senza alcun atto di indagine al proposito e, comunque, mediante una mera asserzione. L’irrilevanza della condotta ex art. 56, comma 3, cod. pen. sarebbe del resto esclusa dal fatto che la pretesa di entrare nel locale di intrattenimento senza averne il diritto era fallita solo per la resistenza opposta dalla guardia giurata, e che l’azione si era già esaurita quando P., per ragioni da accertare, aveva chiesto l’intervento della Polizia.
La sentenza sarebbe fondata su osservazioni prive di pertinenza, non essendo ad esempio necessario che l’induzione del privato interlocutore sia perseguita con insistenza, o per conseguire un vantaggio che il giudice consideri meno risibile della partecipazione ad una festa, in assenza per altro di pur minimi riferimenti al criterio della offensività e, pertanto, il provvedimento impugnato sarebbe privo di effettiva motivazione.
I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondato il ricorso annullando il provvedimento impugnato.
Per conoscere le motivazioni della corte
Leggi il testo della senteza
Articolo 319 Quater
Induzione indebita a dare o promettere utilità
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.
Ne casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni.
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