Maltrattamenti in famiglia, irrilevante la riappacificazione della coppia
Maltrattamenti in famiglia, irrilevante la riappacificazione della coppia
Corte di Cassazione, sezione VI Penale
Sentenza 5 novembre 214 – 13 febbraio 2015, n. 6472
Presidente Milo – Relatore Fidelbo
La Corte di Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato un caso di maltrattamenti in famiglia e, più nello specifico, il ricorso presentato avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna che respingeva l’istanza diretta ad ottenere la sostituzione degli arresti domiciliari con altra misura come con l’obbligo di presentazione all’autorità di polizia giudiziaria.
L’imputato lamentava l’erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione poichè, a suo parere, il Tribunale avrebbe basato la decisione soltanto sulle rilevate trasgressioni alle prescrizione contenute nel provvedimento cautelare, che imponevano di non avere contatti con la persona offesa, ma non ha considerato l’avvenuta riappacificazione tra le parti e la resipiscenza dello stesso imputato, che ha compreso la gravità delle condotte poste in essere.
Per l’imputato, dunque, tali mutate condizioni nei rapporti, testimoniate anche dalla stessa persona offesa, avrebbero dovuto giustificare la sostituzione della misura disposta.
Non la pensano in questo modo però i giudici del Palazzaccio i quali, dichiarando inammissibile il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali, precisano che “i giudici bolognesi hanno ritenuto pienamente giustificato il mantenimento degli arresti domiciliari in considerazione delle precedenti innumerevoli e significative trasgressioni alle prescrizione imposte e, soprattutto, tenendo conto della personalità pericolosa dell’imputato e del concreto rischio che possa ancora rivolgere condotte violente nei confronti della persona offesa, con la quale ha intrattenuto una relazione difficile e conflittuale”.
Inoltre, osservano gli ermellini, riguardo all’ipotesi di una avvenuta riappacificazione della coppia, cui si riferisce il ricorrente, i giudici territoriali hanno sottolineato come la ripresa della frequentazione, all’esito di periodi di allontanamento, “non siano mai valse a determinare nuovi equilibri” tanto da mettere al bando il ricorso alla brutalità da parte dell’imputato, rischio che evidentemente si ritiene ancora pienamente sussistente.
Pertanto, concludono, “sulla base di tali considerazioni deve ritenersi del tutto giustificato il mantenimento della misura cautelare in atto”.
Leggi il testo della sentenza
Articolo 572 Codice Penale
Maltrattamenti contro familiari o conviventi
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.
[La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici.].
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.
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