Consumazione del matrimonio, nullità e onere della prova
Consumazione del matrimonio, nullità e onere della prova
Corte di Cassazione, sezione I Civile
sentenza 26 settembre 2014 – 29 gennaio 2015, n. 1729
Presidente Luccioli – Relatore Di Amato
Matrimonio, Nullità, Consumazione, Consulenza ginecologica, Accertamento, Rapporti, Moglie, Marito, Famiglia, Cassazione, Sentenza
La Corte di Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato il caso della nullità del matrimonio in conseguenza alla mancata consumazione dello stesso. In pratica, si è giunti fino a Piazza Cavour a causa di una difficile consulenza ginecologica poichè, come osservato dalla Corte d’Appello di Napoli “gli elementi non dirimenti offerti dalla c.t.u. ginecologica espletata in primo grado (secondo cui, sebbene l’imene della donna non fosse integro, non era «possibile accertare se la penetrazione» fosse «stata completa o incompleta») dovevano essere valutati unitamente al contegno difensivo della convenuta la quale, nel giudizio di primo grado, aveva riconosciuto che il matrimonio non era stato consumato“
Il ricorso presentato ai supremi giudici lamentava la violazione dell’art. 2697 c.c. poiché la sentenza impugnata aveva incongruamente tratto la prova della non consumazione del matrimonio dalla c.t.u., che tuttavia aveva concluso che la convenuta era stata deflorata in epoca compatibile con uno degli ultimi contatti sessuali tra i coniugi, e dalle ammissioni contenute negli atti difensivi, senza, tuttavia, considerare non solo che si verteva in materia non disponibile, ma che le ammissioni non provenivano dallaricorrente,ma dal suo difensore; nonchè il vizio di motivazione poiché la Corte di appello, dopo avere dato apoditticamente rilievo alla mancanza di un rapporto sessuale completo, senza peraltro specificare cosa intendesse con tale espressione, e dopo avere confuso, comunque, «il concetto di rapporto sessuale completo con quello della consumazione, che corrisponde, invece, alla erezione seguita dalla penetrazione», aveva desunto la mancata consumazione da circostanze diverse dalle sole idonee a provarla e cioè la verginità della moglie, l’impotenza funzionale e la lontananza fisica;
Per la Cassazione “il ragionamento della Corte territoriale è immune da vizi logici e giuridici; la sentenza, infatti, ha congruamente valorizzato sia gli esiti della c.t.u. in quanto compatibili con la mancata consumazione del matrimonio, sia le ammissioni fatte dal procuratore della convenuta nel giudizio di primo grado ed alle quali, esattamente, è stato attribuito non un inconfigurabile• valore confessorio, ma semplice valore indiziario, idoneo, sulla base di una valutazione di merito non censurabile in questa sede, a consentire di ritenere provata la mancata consumazione“
Leggi il testo della sentenza
Articolo 2697 Codice Civile
Onere della prova
Chi vuol far valere un diritto in giudizio [99 c.p.c., 100 c.p.c.] deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento [115 c.p.c.].
Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.
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