L’incidenza della commissione di un reato sulla validità della gara pubblica e …
– Nelle gare di appalto, poiché il procedimento di scelta del privato contraente si conclude con l’aggiudicazione, relativamente alla quale il termine per proporre l’impugnazione decorre dalla conoscenza degli elementi essenziali di tale atto (quali la sua esistenza, l’autorità emanante, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo), non può assumere alcun rilievo la conoscenza sopravvenuta di nuovi vizi, la quale semmai può giustificare la proposizione di motivi aggiunti, ma non consente la riapertura dei termini per proporre l’impugnazione in via principale.
– A fronte di condotte illecite, anche penalmente rilevanti, poste in essere da pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni, può verificarsi il caso che non sussista anche un vizio di legittimità negli atti da questi posti in essere: trattasi invero di evenienza fisiologica, connessa alla diversa natura del giudizio amministrativo di legittimità, che presuppone sempre l’accertamento di vizi che devono ricavarsi dai provvedimenti impugnati o dall’iter procedimentale che li ha preceduti, rispetto al giudizio penale, che ha ad oggetto l’accertamento di responsabilità individuali per fatti previsti dalla legge come reati.
– Anche alla luce della sopravvenuta disciplina di cui al d.l. n. 90 del 2014, deve predicarsi il carattere non automaticamente viziante di fatti corruttivi come quelli emersi durante l’esecuzione dell’appalto di che trattasi (relativi all’Expo 2015), potendosi optare in favore del mantenimento in essere del rapporto contrattuale scaturito dall’originario affidamento (come dimostrato dall’avere il legislatore bilanciato unicamente i due interessi pubblici alla sollecita realizzazione dell’opera pubblica e ad impedire al possibile reo di lucrare sul proprio illecito, lasciando sullo sfondo l’interesse delle altre imprese partecipanti alla gara a monte).