Pubblico dipendente, appropriazione di denaro, truffa e peculato
Pubblico dipendente, appropriazione di denaro, truffa e peculato
Corte di Cassazione, sezione VI Penale
Sentenza 24 febbraio – 29 aprile 2015, n. 18015
Presidente Milo – Relatore Bassi
Cassazione, sentenza, peculato, truffa, appropriazione denaro, dipendente pubblico, penale
La Corte di Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato il caso di un dipendente pubblico, accusato di essersi appropriato di somme di denaro proveniente da privati.
La Corte, con la sentenza in commento, ha spiegato che, impossessarsi di denaro pubblico (che nel caso in esame era destinato al pagamento di multe) da parte di un pubblico dipendente, prescindendo dalle funzioni da questo svolte all’interno dell’ufficio, il reato che si viene a configurare è quello di peculato e non il reato di truffa.
Si legge in sentenza “il reato di peculato è configurabile nella ipotesi in cui l’agente si appropri di somme di pertinenza della pubblica amministrazione che siano da lui riscosse dai privati, indipendentemente dalle modalità di riscossione ed anche a prescindere dall’irritualità del mezzo di pagamento perché in contrasto con le disposizioni normative ed organizzative dell’ufficio, laddove a costituire il possesso “per ragioni di ufficio” è sufficiente un qualsiasi rapporto che, comunque, si ricolleghi, anche di fatto, alle mansioni esercitate dall’agente“.
Per gli ermellini “ai fini della integrazione del reato di peculato, è irrilevante che l’agente sia entrato nel possesso del bene nel rispetto o meno delle disposizioni organizzative dell’ufficio, potendo lo stesso derivare anche dall’esercizio di fatto o arbitrario di funzioni, dovendosi escludere il peculato solo quando esso sia meramente occasionale, ovvero dipendente da evento fortuito o legato al caso“
In tema di peculato, continuano i giudici, “il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione per un tale comportamento; nella specie la Corte ha precisato che la disponibilità può essere conseguita anche da un esercizio di fatto o arbitrario delle funzioni“
In breve, “il delitto di peculato, quale reato istantaneo, si consuma nel momento stesso in cui l’agente, in possesso di un bene altrui per ragioni di ufficio, ne dispone “uti dominus”. In caso di riscossione di denaro per conto della P.A., posto che tale denaro diviene subito di proprietà pubblica, l’agente non può confonderlo con il proprio, assumendo l’obbligo di erogare all’amministrazione l’equivalente, o scambiarlo con titoli di credito di sua pertinenza, perché già tale comportamento assume valenza appropriativa, almeno quando il tempo trascorso tra la riscossione ed il versamento ecceda quello ragionevolmente necessario in relazione alla complessità delle operazioni da compiere.
Secondo il consolidato insegnamento di questo giudice di legittimità, il delitto di peculato è configurabile quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio pone in essere la condotta fraudolenta al solo fine di occultare l’illecito commesso, avendo egli già il possesso o comunque la disponibilità del bene oggetto di appropriazione, per ragione del suo ufficio o servizio; se, invece, la medesima condotta fraudolenta è finalizzata all’impossessamento del denaro o di altra utilità, di cui egli non ha la libera disponibilità, risulta integrato il delitto di truffa, aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 9 cod. pen.
L’elemento distintivo tra il delitto di peculato e quello di truffa aggravata, ai sensi dell’art. 61 n.9, cod. pen., va individuato con riferimento alle modalità del possesso del denaro o d’altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione, ricorrendo la prima figura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio se ne appropri avendone già il possesso o comunque la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, e ravvisandosi invece la seconda ipotesi quando il soggetto attivo, non avendo tale possesso, se lo procuri fraudolentemente, facendo ricorso ad artifici o raggiri per appropriarsi del bene.
Sulla scorta dei principi sopra delineati, del tutto correttamente la Corte d’appello ha ritenuto nel caso di specie integrato il reato di peculato”
Articolo 640 Codice Penale
Truffa
Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare [c.p.m.p. 162, 32quater];
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità [649].
2 bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravante
Articolo 314 Codice Penale
Peculato
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
Leggi il testo della sentenza
L’articolo Pubblico dipendente, appropriazione di denaro, truffa e peculato sembra essere il primo su sentenze cassazione.