Onorari avvocato, dal doppio al quadruplo se la causa è complessa
Onorari avvocato, dal doppio al quadruplo se la causa è complessa
Corte di Cassazione, Sezione II civile Sentenza n. 1202 del 22/01/2016
(Articolo a cura dell’Avv.Venusia Catania)
La Corte di Cassazione, Sezione II civile, con la Sentenza n. 1202 del 22/01/2016, ha stabilito che gli avvocati hanno la facoltà di chiedere ai propri clienti che gli onorari siano raddoppiati o quadruplicati solo se sussistano gli elementi da cui emerge la complessità o la difficoltà della pratica posta alla sua attenzione.
Il ricorso, rigettato dalla Suprema Corte, è stato presentato da un avvocato che a seguito dell’ottenimento di un decreto ingiuntivo in relazione alla somma dovuta per l’attività professionale che aveva svolto per conto di un cliente poi deceduto ed al quale erano subentrati gli eredi.
Gli eredi avevano opposto il suddetto decreto poiché l’indicazione del valore della pratica era errata e chiedevano una riduzione della parcella, sul presupposto che questa non poteva riguardare l’intero valore del compendio ma solamente la quota di loro spettanza, oltre al fatto che l’opera del professionista non era stato portato a termine.
Il primo grado si chiedeva col rigetto dell’opposizione del decreto ingiuntivo e per l’effetto la conferma dello stesso.
In secondo grado, la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado il compenso dell’avvocato veniva rideterminato e fortemente ridotto. A sostegno di tale decisione la Corte territoriale “evidenziava che non erano stati correttamente computati nella specie né i diritti e le spese né gli onorari”, precisando, inoltre, che l’appellata, quando ottenne l’incarico aveva il titolo di procuratore legale ed aveva ottenuto la qualifica di avvocato solo successivamente, pertanto, fino a quel momento, gli onorari andavano ridotti del 50%.
Avverso la sentenza di secondo grado, l’avvocato ricorreva in Cassazione sulla base di due motivi:
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1) “la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 57 e ss R.D.L. n. 1578 del 1933, del D.M. 22.6.1982 e dei D.M. 31.10.1985, per non avere la corte territoriale erroneamente applicato alla specie il primo comma dell’art. 6 della T.P. e non il secondo comma, come avrebbe dovuto trattandosi di onorario a carico del cliente e non del soccombente…”;
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2) Si “lamenta il vizio di motivazione circa la determinazione dell’attività prestata e la qualificazione del valore della stessa, anche quanto alla mancata considerazione dell’intera attività stragiudiziale”.
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le motivazioni posti alla base del ricorso, affermando che ai fini degli onorari, il valore delle cause di divisone non vada stabilito a norma dell’art. 12, ult. comma, c.p.c., per il riferimento fatto in via generale dal D.M. n. 127 del 2004, art. 6, comma 1 a detto codice per la determinazione del valore della causa, poiché la norma stessa deroga espressamente al suddetto rinvio in materia di giudizi divisori, stabilendo che in tali giudici il valore vada determinato in relazione al valore della “quota o dei supplementi di quota in contestazione”.
La suddetta interpretazione è connessa alla ratio nella norma di cui sopra, posto che la diversa interpretazione andrebbe a “disancorare, irragionevolmente, il valore della causa da quella dell’interesse in concreto perseguito dalla parte”.
Inoltre, con riferimento al caso de quo, le diverse azioni intraprese rispetto a quelle di divisione, avevano tuttavia comportato “lo svolgimento di attività stragiudiziale”, ragione per la quale, nel merito, si era ritenuto di ricorrere, in mancanza di norme sul modo di determinare il valore della causa in merito alle suddette azioni, per analogia, alla disciplina relativa alle cause di divisione, mediante l’applicazione delle voci tariffarie secondo i previsti valori massimi.
La Suprema Corte ha , inoltre, precisato che gli onorari possono essere anche raddoppiati o addirittura quadruplicati secondo l’art. 5 T.U., ma non per questo devono necessariamente essere alzati, così come preteso dall’avvocato.
La valutazione della particolare o straordinaria importanza, complessità e difficoltà della pratica è rimessa comunque al giudice di merito, la cui discrezionalità già si esplica nella determinazione del compenso sulla base dei medesimi parametri, compreso tra i minimi e i massimi stabiliti nella tabella allegata alla tariffa stessa.
Comunque, del potere discrezionale di stabilire che una controversia abbia i caratteri della straordinarietà e complessità tale da consentire il raddoppio dei massimi degli onorari, va giustificato, “come in tutti i casi di uso di un potere discrezionale extra ordinem, solo l’esercizio e non anche il mancato esercizio”.
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