Le reti di imprese: finalità economiche, evoluzione della normativa, rappresentanza, nuova fisionomia del contratto
Le finalità economiche delle reti di imprese
Le reti di imprese sono forme di aggregazione di imprenditori attorno ad un progetto condiviso. Con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato (art. 3, co. 4-ter, DL n. 5/2009, conv. con L. n. 33/2009 e s.m.i.).
Il fine perseguito e la durata del contratto sono elementi chiave per distinguere le reti di imprese da altre forme aggregative quali i consorzi e le ATI (associazioni temporanee di imprese). Il consorzio è infatti il contratto con il quale due o più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (art. 2602 c.c.), le associazioni temporanee di imprese sono invece aggregazioni cui le imprese ricorrono per partecipare a gare d’appalto e si caratterizzano per il conferimento collettivo di un mandato con rappresentanza all’impresa capogruppo. La differenza fondamentale tra queste forme di cooperazione imprenditoriale risiede nell’assenza, nell’associazione temporanea di imprese come nel consorzio, di un programma comune duraturo, non limitato al compimento di un affare specifico o alla disciplina comune di alcune determinate fasi della rispettiva attività di impresa.
Le reti di imprese permettono da un lato il mantenimento dell’indipendenza e dell’identità delle singole imprese partecipanti alla rete, dall’altro il miglioramento della dimensione necessaria per competere sui mercati globali. Si tratta, pertanto, di uno strumento adatto al tessuto imprenditoriale italiano, composto da micro, piccole e medie imprese molto efficaci ma spesso incapaci di competere in termini di innovazione ed internazionalizzazione con imprese più strutturate e di maggiori dimensioni. La vera caratteristica innovativa delle reti di impresa, la peculiarità che le differenzia in modo sostanziale dai consorzi, è tuttavia l’approccio graduale e scalabile che esse offrono alla controversa problematica dell’aggregazione tra imprese. Le reti di imprese, infatti, possono essere viste sia come una forma di aggregazione attorno ad un progetto, sia come uno strumento per avviare un processo di aggregazione che può sfociare in forme più strutturate quali contratti di rete più vincolanti e garantiti, nuove società dotate di personalità giuridica, oppure veri e propri processi di fusione aziendale. L’aggregazione classica attraverso fusioni e acquisizioni si è rivelata sino ad oggi difficoltosa, in quanto rimane forte la resistenza a cedere o condividere il controllo dell’impresa: la maggior parte degli imprenditori italiani propende per detenere l’intero capitale di una media impresa piuttosto che una percentuale del capitale di una grande impresa, pur sapendo che nel contesto competitivo attuale corre un grave rischio di “nanismo imprenditoriale”. Le reti di imprese propongono quindi un approccio graduale ad un inevitabile processo di concentrazione, nella speranza che la gradualità permetta di limare le differenze tra le visioni imprenditoriali, diminuire le distanze, superare le paure personali.
Questo approccio graduale può essere suddiviso in tre fasi distinte:
•in una prima fase viene creata una rete di imprese di tipo “leggero” che svolge un’attività probabilmente solo interna, ossia senza coinvolgere nell’operatività soggetti diversi dai retisti, non dispone di fondo comune e l’organo comune (se istituito) è composto dai retisti che periodicamente si ritrovano per prendere decisioni. In questa prima fase l’impegno dei retisti è limitato, è stato firmato un contratto con regole di comportamento specifiche davanti a un notaio, si è investito un capitale limitato, si è partecipato a delle riunioni e si sono svolte delle attività in comune sfruttando le rispettive strutture aziendali: un modo per perseguire un progetto comune e testarsi reciprocamente, senza compromettere la propria autonomia o investire ingenti capitali. Il rischio connesso alla responsabilità patrimoniale illimitata e solidale dei retisti è basso, dato che si svolgono solo attività interne alla rete;
•in una seconda fase, visto il successo dell’iniziativa, gli imprenditori aderenti possono decidere di espandere l’attività della rete, che da “leggera” diventa “pesante”, creando un fondo patrimoniale comune per sostenere maggiori investimenti, dotandosi di una struttura dedicata alla gestione del programma di rete. Se l’organo comune viene costituito e la rete svolge un’attività, anche commerciale, nei confronti di soggetti terzi, assumendo obbligazioni verso gli stessi per l’esecuzione del programma, la rete viene assoggettata ad un regime speciale che limita la responsabilità patrimoniale dei retisti;
•in una terza fase la rete aspira a siglare contratti ed assumere obbligazioni in proprio, ossia a diventare un autonomo centro di attribuzione di diritti e di obblighi, e richiede la soggettività giuridica iscrivendosi nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese del luogo ove ha sede; l’organo comune non è più mandatario dei partecipanti alla rete bensì della rete stessa. Gli imprenditori ora sono nelle condizioni di svolgere attività esterna comune in modo efficiente e stabile, per esempio vendendo i prodotti progettati o realizzati insieme o svolgendo delle azioni commerciali o di marketing coordinate sui mercati esteri. Questa attività sarà svolta direttamente dalla rete a seguito della richiesta di soggettività giuridica e conseguente attribuzione di partita IVA.
Il risultato finale è comunque un’aggregazione stretta tra imprenditori, nata con un semplice contratto di rete finalizzato al miglioramento della reciproca capacità innovativa e della competitività sul mercato.
Evoluzione dei provvedimenti normativi sulle reti di imprese
La prima nozione di “rete” è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 6-bis, co. 1 e 2, DL n. 112/2008 (conv. con L. n. 133/2008) ed era funzionale all’applicazione delle disposizioni in materia di “tassazione consolidata distrettuale” e di “tassazione concordata” di cui all’art. 1, commi da 366 a 371-ter, L. n. 266/2005.
Secondo questa originaria definizione, le reti erano “libere aggregazioni di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali” finalizzate allo sviluppo del sistema industriale rafforzando “le misure organizzative, l’integrazione per filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive”.
Il successivo art. 3, commi 4-ter e 4-quater DL n. 5/2009 (conv. con L. n. 33/2009), modificato dall’art. 42, DL n. 78/2010 (conv. con L. n. 122/2010), ha introdotto nel nostro ordinamento la nozione di “contratto di rete”, ossia un contratto tra imprenditori stipulato allo scopo di “accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”. La dottrina maggioritaria considerava il contratto di rete un nuovo tipo contrattuale, dotato di elevata flessibilità, rientrante nel novero dei “contratti plurilaterali con comunione di scopo” ma non in grado di dare origine a un ente ulteriore e diverso rispetto alle imprese partecipanti.
Tale tesi interpretativa deve essere rivista a seguito delle modifiche introdotte dai Decreti Sviluppo (DL n. 83/2012, convertito con L. n. 134/2012) e Sviluppo-bis (DL n. 179/2012, convertito con L. n. 221/2012) i quali, oltre a confermare la centralità del contratto di rete quale strumento di politica industriale per aumentare la competitività e la produttività delle PMI favorendo la ricerca, l’innovazione, l’internazionalizzazione e la crescita del sistema economico nazionale, hanno delineato con maggiore precisione il quadro complessivo della normativa sul “contratto di rete”, introducendo delle modifiche anche radicali.
I principali elementi di novità riguardano, da un lato, l’identificazione di reti “a regime speciale”, dall’altro il riconoscimento (a particolari condizioni) della soggettività giuridica.
Con l’individuazione di “reti a regime speciale” il legislatore dimostra la volontà di aumentare la già rilevante flessibilità dello strumento. Indipendentemente dall’acquisizione (facoltativa) di soggettività giuridica, infatti, si dispone un particolare regime per il contratto di rete che preveda:
1.l’istituzione di un fondo patrimoniale comune;
2.una sede e una denominazione;
3.l’istituzione di un organo comune;
4.lo svolgimento, da parte dell’organo comune, di un’attività, anche commerciale, con i terzi.
In presenza di tutti i predetti requisiti si prevede:
•un regime di autonomia patrimoniale: per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune “in ogni caso”;
•l’obbligo di redazione e deposito, entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, di un vero e proprio bilancio di esercizio, con riferimento al quale trovano applicazione le disposizioni relative al bilancio di S.p.A. (ove compatibili).
L’aspetto che merita tuttavia maggiore attenzione per le sue ricadute sull’istituto delle reti d’impresa è l’attribuzione (facoltativa e condizionata) di soggettività giuridica, funzionale:
•al definitivo superamento della qualificazione del contratto di rete quale contratto di scambio, consacrandone la natura associativa ( );
•alla maggiore riconoscibilità della rete soggetto, da parte dei terzi, quale autonomo soggetto di imputazione di diritti e obblighi;
•alla maggiore finanziabilità dei programmi sviluppati attraverso lo strumento del contratto di rete, non solo mediante il miglioramento del rating riconosciuto alle singole imprese partecipanti, ma anche aprendo alla possibilità giuridica di finanziare la rete in quanto tale.
Il riconoscimento di soggettività giuridica alla rete è, secondo la norma oggi vigente, facoltativa e condizionata all’iscrizione nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese in cui ha sede. Ai fini di tale iscrizione sono necessarie:
•la costituzione di un fondo patrimoniale comune;
•la stipulazione del contratto per atto pubblico, scrittura privata autenticata o atto firmato digitalmente ai sensi dell’art. 25 D.Lgs. n. 82/2005 ( ).
Per meglio focalizzare cosa differenzia la rete priva di soggettività giuridica dalla rete dotata di soggettività giuridica può essere opportuno richiamare preliminarmente i concetti di personalità e soggettività giuridica.
La personalità giuridica è il più intenso e completo meccanismo di imputazione unitaria al gruppo degli effetti giuridici dell’attività comune e si applica solo alle associazioni riconosciute, alle fondazioni, alle società di capitali e alle cooperative.
Vi sono poi altre forme di soggettività dei gruppi, che possono essere definite intermedie perché da un lato non si riducono alla soggettività delle persone fisiche e dall’altro non assumono l’intensità e la completezza delle caratteristiche tipiche della personalità giuridica. Trattasi delle forme di soggettività collettiva che si applicano alle associazioni non riconosciute, alle società di persone, ai consorzi con attività esterna, ai GEIE (gruppi europei di interesse economico).
All’ente che sorge per effetto della stipulazione di un contratto di rete è in ogni caso da escludere che sia riconosciuta personalità giuridica. Lo stesso Governo italiano, come confermato dalla decisione della Commissione Europea del 26 gennaio 2011, relativa alla causa n. C(2010)8939 (in tema di riconoscimento della sospensione d’imposta per i fondi destinati al fondo patrimoniale comune), ha infatti affermato che la rete di imprese non avrebbe assunto “personalità giuridica autonoma”.
Il legislatore nazionale ha comunque ritenuto di attribuire alle reti di imprese la possibilità di acquisire soggettività giuridica, al fine di estendere la già ampia flessibilità dello strumento.
In questa sede può essere opportuno evidenziare che:
•non tutte le reti dotate di soggettività giuridica (reti soggetto) godono anche di autonoma responsabilità patrimoniale: questa caratteristica è infatti appannaggio delle “reti a regime speciale”; in altri termini, il regime di autonomia patrimoniale non è conseguenza diretta e necessaria della scelta di attribuzione della soggettività giuridica;
•solamente nelle reti soggetto, tuttavia, l’organo comune “agisce in rappresentanza” della rete in quanto tale: gli effetti giuridici degli atti compiuti dall’organo comune ricadono in capo alla rete e non in capo ai singoli retisti.
La rappresentanza della rete
Considerata la recente introduzione dello strumento e le numerose modifiche di cui è stato oggetto, emerge la necessità di definire con chiarezza il tema della rappresentanza della rete.
Come stabilito dal legislatore lo strumento rete è per sua natura molto flessibile; fin dall’introduzione dell’istituto, infatti, sono stati individuati due tipi di reti, le cosiddette reti leggere e le reti pesanti.
Per “reti leggere” si intendono quelle non dotate di fondo comune, mentre per “reti pesanti” si devono invece intendere quelle al contrario provviste di dotazione patrimoniale.
Secondo quanto stabilito dalla norma, le reti leggere non possono mai assumere soggettività giuridica mentre quelle pesanti possono facoltativamente assumerla qualora provvedano all’iscrizione nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede dell’ente. Tale precisazione è stata ritenuta rilevante dal legislatore, considerato che ha rappresentato una riformulazione dell’art. 3, co. 4-quater, DL n. 5/2009 (conv. con L. n. 33/2009) e s.m.i., ad opera dell’art. 36, co. 4-bis, DL n. 179/2012 (conv. con L. n. 221/2012).
Il DL n. 179/2012 (conv. con L. n. 221/2012) prevede altresì che l’organo comune ( ) agisca “in rappresentanza della rete quando essa acquisti soggettività giuridica e, in assenza della soggettività, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto, salvo che sia diversamente disposto nello stesso, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche Amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento, nonché nell’utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza”.
L’organo comune, come elemento facoltativo nelle reti leggere o obbligatorio negli altri casi prima citati, agisce quindi come catalizzatore dei rapporti verso l’esterno, come unico interlocutore e soggetto aggregatore di riferimento; in tema di responsabilità verso i terzi si esprimerà diversamente a seconda che agisca in forza di un mandato con rappresentanza o senza rappresentanza.
Sono, a questo punto, opportune alcune considerazioni legate alla corretta imputazione delle obbligazioni contratte dalla rete e, di conseguenza, alla responsabilità che da queste scaturisce.
Nella rete dotata di soggettività giuridica, infatti, l’organo comune agisce nei confronti dei terzi spendendo il nome della rete, intesa come soggetto distinto dalle singole imprese partecipanti, impegnandone in tal modo la responsabilità. In tema di garanzia patrimoniale offerta ai terzi si avrà in primo luogo quella rappresentata dal fondo comune.
Nell’ambito invece delle reti contratto, i rapporti tra l’organo comune e le imprese partecipanti sono riconducibili, in prima istanza, alla figura del mandato con rappresentanza; di conseguenza gli atti posti in essere da parte del rappresentante della rete producono effetti giuridici direttamente in capo alle singole imprese rappresentate, con la conseguenza che delle obbligazioni così assunte rispondono tutti i singoli partecipanti alla rete, anche con i loro patrimoni personali, oltre che con il fondo comune. L’inciso normativo “salvo che sia diversamente disposto nello stesso” (contratto) consente di non conferire la rappresentanza all’organo comune, il quale quindi agirà senza spendere il nome dei mandanti, assumendo in nome proprio i diritti e gli obblighi derivanti dagli atti compiuti, con la possibilità di imputarli ai singoli retisti.
Solo le reti a regime speciale potranno godere della limitazione per le obbligazioni assunte dall’organo comune in relazione al programma di rete, con una conseguente necessità di esplicare, nei rapporti con i terzi, in modo chiaro e trasparente, la situazione contrattuale che si viene a creare; diversamente, nel caso in cui l’organo comune stia agendo nell’interesse di uno dei retisti, sarà applicabile quanto disposto dall’art. 2615, co. 2, c.c., ampliandosi quindi l’argine della responsabilità fino a comprendere quella solidale del singolo retista.
Una nuova fisionomia del contratto di rete: l’attribuzione della soggettività giuridica e della soggettività tributaria.
Per comprendere se una rete di imprese goda o meno di autonoma soggettività tributaria è preliminarmente opportuno chiarire la relazione che lega soggettività tributaria passiva e soggettività di diritto privato; è necessario domandarsi, in particolare, se l’attribuzione di soggettività fiscale presupponga la ricorrenza della soggettività giuridica “civilistica”. La dottrina, sul punto, ha proposto due tesi divergenti:
1)teoria “monistica”: può esserci soggetto passivo di imposta solo in presenza di persona fisica o di ente dotato di soggettività giuridica di diritto privato;
2)teoria “dualistica”: il legislatore definisce la soggettività di diritto tributario secondo le proprie esigenze, indipendentemente dalla personalità o dalla soggettività civilistica.
La teoria dualistica (o teoria della soggettività tributaria) ha il pregio di tenere in considerazione la previsione di autonoma soggettività passiva ai fini tributari di entità quali eredità giacenti e trust e, prima dell’emanazione della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20/E/2013, era coerente con l’assunto secondo cui l’attribuzione di soggettività giuridica alla rete non determinava automaticamente la sussistenza di soggettività tributaria autonoma (ai fini dell’IVA o ai fini delle II.DD.) in capo alla stessa.
Con la sopraccitata circolare, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto gli effetti fiscali della distinzione tra rete contratto e rete soggetto introdotta dai DD.LL. n. 83/2012 (conv. con L. n. 134/2012) e n. 179/2012 (conv. con L. n. 221/2012), confermando la propria adesione alla sopraccitata teoria “monistica”.
La rete contratto rimane un modello contrattuale “puro” di rete di imprese, la cui adesione “non comporta l’estinzione, né la modificazione della soggettività tributaria delle imprese che aderiscono all’accordo, né l’attribuzione di soggettività tributaria alla rete risultante dal contratto stesso”.
La rete soggetto invece, in quanto autonomo centro di imputazione di interessi e rapporti giuridici in grado di esprimere una propria capacità contributiva, acquista rilevanza anche dal punto di vista tributario, a condizione che si verifichino gli altri specifici presupposti d’imposta. Tale interpretazione è coerente con la soggettività tributaria attribuita ad altri enti collettivi non personificati (associazioni non riconosciute, società semplice, consorzi con attività esterna, GEIE).
Rete d’imprese come soggetto passivo IVA.
Una rete di imprese dotata di soggettività giuridica (rete soggetto) può essere considerata soggetto passivo IVA (e, di conseguenza, soggetto tenuto a dichiarare ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate l’inizio dell’esercizio di un’impresa o professione nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 35, co. 1, DPR n. 633/1972) qualora ricorrano le condizioni previste dalla normativa IVA comunitaria e nazionale.
Come segnalato dalla dottrina ( ), la disciplina nazionale dell’IVA non definisce un presupposto di imposta in senso tecnico, ma identifica delle operazioni imponibili caratterizzate da profili soggettivi, oggettivi, territoriali e temporali; l’art. 1 DPR n. 633/1972, infatti, si esprime nei seguenti termini: “L‘imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.“.
Il profilo oggettivo dell’IVA è definito agli artt. 2, 14, 24, Direttiva n. 2006/112/CE, recepiti negli artt. 2 e 3 DPR n. 633/1972; trattasi delle cessioni di beni e delle operazioni a queste assimilate, delle prestazioni di servizi e delle operazioni a queste equiparate (tra cui rientrano le prestazioni “verso corrispettivo dipendenti da […]obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte […]”), le importazioni e gli acquisti intracomunitari.
La nozione di “soggetto passivo IVA” trova invece la sua definizione nell’art. 9, Direttiva n. 2006/112/CE, recepito e specificato nell’ordinamento nazionale negli artt. 1, 4 e 5, DPR n. 633/1972. L’art. 9, Direttiva n. 2006/112/CE propone una nozione amplissima di soggetto passivo, che comprende chiunque eserciti ( ):
•un’attività economica (ossia “ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi” e, in particolare, lo “sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.[…]”);
•in modo indipendente (è esclusa pertanto la soggettività di chiunque sia vincolato da rapporti giuridici che determinino vincoli di subordinazione relativamente a condizioni di lavoro, retribuzione, responsabilità del datore di lavoro, etc.).
La norma nazionale distingue l’esercizio abituale di arti e professioni (di cui all’art. 5 DPR n. 633/1972) dall’esercizio di imprese (di cui all’art. 4, co. 1, DPR n. 633/1972), che comprende:
•lo svolgimento per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività agricole ai sensi dell’art. 2135 c.c. o commerciali ai sensi dell’art 2195 c.c.;
•lo svolgimento di prestazioni di servizi non compresi nell’art. 2195 c.c. se “organizzate in forma di impresa”.
È importante inoltre richiamare la presunzione legale assoluta di cui all’art. 4, co. 2, n. 2, DPR n. 633/1972: sono sempre considerate effettuate nell’esercizio delle imprese le operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate da “[…] altre organizzazioni senza personalità giuridica […]che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole.” ( ).
Le reti soggetto rientrano tra queste “organizzazioni senza personalità giuridica” ( ) e, qualora esercitino un’attività commerciale per oggetto esclusivo o principale in modo indipendente, rientrano tra i soggetti passivi IVA. La rete di imprese dotata di soggettività giuridica, in quanto “organizzazione senza personalità giuridica avente per oggetto l’esercizio di attività commerciali”, è caratterizzata anche da autonoma soggettività tributaria passiva ai fini IVA ( ).
In passato l’Agenzia delle Entrate negava questa possibilità in quanto la rete non era considerato un centro autonomo di imputazione di diritti e obblighi. La circolare n. 20/E/2013, recependo il rinnovato quadro normativo, ha riconosciuto la soggettività IVA delle reti soggetto, superando così l’iniziale interpretazione fornita con la circolare n. 4/E/2011.
Rete d’imprese come soggetto passivo ai fini delle II.DD..
L’iniziale introduzione della rete nel nostro ordinamento ad opera dell’art. 6-bis, co. 1 e 2, DL n. 112/2008 era funzionale, come accennato, all’applicazione delle norme previste in materia di distretti, di cui all’art. 1, commi da 366 a 371-ter, L. n. 266/2005, ossia al godimento di semplificazioni fiscali (tra cui gli istituti della “tassazione consolidata distrettuale” e della “tassazione concordata”), amministrative, finanziarie e di incentivo alle attività di ricerca e sviluppo.
L’introduzione del contratto di rete di cui al successivo art. 3, co. 4-ter, DL n. 5/2009 ha escluso le reti dall’ambito di applicazione della “tassazione consolidata distrettuale” e della “tassazione concordata” tuttavia il riconoscimento di autonoma soggettività giuridica rende la rete soggetto un’entità distinta dalle imprese partecipanti, in grado di realizzare autonomamente il presupposto IRES e IRAP ( ).
Il presupposto oggettivo dell’imposta è, ai sensi dell’art. 72 TUIR, “il possesso dei redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6” ossia redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, d’impresa, diversi.
I soggetti passivi IRES sono individuati al successivo art. 73, co. 1, TUIR e comprendono anche gli enti diversi dalle società residenti nel territorio dello Stato di cui all’art. 73, co. 1, lett. b e c, TUIR, con riferimento ai quali il successivo comma 2 precisa che: “Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo. […]”.
La norma ha una funzione di chiusura del sistema, al fine di evitare che siano create figure soggettive atipiche al solo scopo di sottrarsi all’applicazione dell’imposta; sono soggetti all’imposta anche gli enti atipici esercenti un’attività commerciale, purché presentino congiuntamente le seguenti caratteristiche ( ):
1.organizzazione: deve trattarsi di un “complesso di persone e/o beni stabilmente strutturato per il raggiungimento di uno scopo”;
2.non appartenenza ad altri soggetti passivi: l’organizzazione non deve essere un segmento, un’articolazione, una divisione di una più ampia organizzazione sottoposta al tributo, ma essere riconoscibile come una struttura distinta;
3.unitarietà del presupposto: gli effetti giuridici degli atti compiuti dall’organizzazione sono imputati alla stessa e non in capo ai singoli partecipanti;
4.autonomia del presupposto: l’organizzazione deve esprimere una volontà (e una capacità contributiva) distinta da quella dei partecipanti, derivante dalla capacità di autodeterminarsi in vista del raggiungimento del proprio scopo; in altri termini, l’organizzazione non deve essere un mero strumento asservito agli interessi dei partecipanti ma esprimere un proprio interesse, una propria volontà, una propria capacità contributiva.
Tutto ciò considerato, la rete di imprese priva di autonoma soggettività giuridica non rientra tra i soggetti passivi IRES per mancanza del requisito di unitarietà del presupposto, in quanto tutti gli effetti giuridici degli atti compiuti (compresi quelli fiscali) si realizzano in capo alle imprese aderenti e non in capo alla rete in quanto tale.
Come confermato dalla circolare n. 20/E/2013, invece, la rete dotata di soggettività giuridica è una organizzazione non appartenente ad altri soggetti, nei confronti della quale il presupposto di imposta si verifica in maniera unitaria e autonoma; poiché sono congiuntamente riscontrate tutte le caratteristiche sopra esposte, la rete soggetto assume autonoma soggettività passiva IRES.
Qualora la rete soggetto:
•eserciti l’attività commerciale in via principale o esclusiva, la stessa rientra tra gli enti commerciali dell’art. 73, co. 1, lett. b), TUIR e si applicano le regole di determinazione del reddito imponibile di cui agli artt. 81 e ss. TUIR;
•non eserciti l’attività commerciale in via principale o esclusiva, la stessa rientra tra gli enti non commerciali del successivo art. 73, co. 1, lett. c), TUIR e trovano applicazione gli artt. 143 e ss. TUIR.
Rete contratto
Alle reti di imprese prive di soggettività giuridica continuano ad essere applicabili le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate fino alle modifiche normative di cui agli artt. 45, DL n. 83/2012 (conv. con L. n. 134/2012) e 36, DL n. 179/2012 (conv. con L. n. 221/2012).
La rete contratto, non assumendo soggettività giuridica civilistica, non assume neppure autonoma soggettività passiva ai fini delle imposte dirette ed indirette: l’organizzazione creata attraverso il contratto di rete rappresenta un mero strumento, a disposizione dei retisti, per lo svolgimento della loro attività.
Gli atti compiuti in esecuzione del programma di rete producono i loro effetti direttamente nella sfera giuridica (e quindi fiscale) dei partecipanti alla rete.
La titolarità di beni, diritti, obblighi rimane individuale dei singoli retisti ed è imputabile, pro-quota, agli stessi; laddove presente, l’organo comune incaricato dell’esecuzione del contratto agisce come mandatario con rappresentanza dei retisti e, pertanto, gli atti che pone in essere producono i propri effetti giuridici direttamente nelle sfere individuali dei singoli partecipanti alla rete contratto.
Come confermato dalla circolare n. 20/E/2013, per semplificare le procedure contrattuali e contabili, resta sempre possibile individuare un mandatario senza rappresentanza nell’impresa capofila, in una delle partecipanti, in un soggetto terzo, i cui atti avranno effetto solamente in capo al mandatario con la possibilità, per quest’ultimo di imputarli ai retisti.
Ai fini fiscali, pertanto, i costi e i ricavi derivanti dall’attività svolta per mezzo della rete contratto si realizzano in capo ai singoli retisti, e sono deducibili o imponibili secondo le ordinarie regole fiscali. A titolo di esempio, gli interessi attivi maturati sul conto corrente della rete contratto e le relative ritenute, vanno attribuiti ai retisti proporzionalmente e figureranno nelle singole dichiarazioni fiscali.
Per beneficiare della deducibilità dei costi sostenuti per l’esecuzione del programma di rete, l’impresa retista deve dare dimostrazione della sussistenza del requisito di inerenza ai sensi ed ai fini dell’art. 109, co. 5, TUIR e, pertanto, il riferimento ad attività o beni propri, da cui siano derivati ricavi o altri proventi che abbiano concorso a formarne il reddito. Qualora l’Agenzia delle Entrate contesti la deducibilità di un costo imputato direttamente al retista (nel caso in cui l’organo comune agisca in veste di mandatario con rappresentanza dei contraenti) o ad esso ribaltato dal mandatario senza rappresentanza, potrebbe non essere sufficiente fornire la prova che il suo sostenimento era previsto dal programma di rete, rendendosi invece necessario dimostrare anche l’effettivo sostenimento di tale costo e, soprattutto, la sua riferibilità all’attività economica svolta dall’impresa retista.
Considerata la dicotomia tra reti contratto e reti soggetto è necessario che gli imprenditori e i professionisti consulenti prestino una particolare attenzione agli effetti fiscali che derivano dalle diverse tipologie di rete e ai comportamenti concreti che saranno messi in atto dai retisti e dall’organo comune, al fine di individuare il modello che consenta di realizzare al meglio il programma comune.
È probabile che nella prima fase sia opportuno che il contratto preveda la costituzione di una rete leggera al fine di verificare la compatibilità dei comportamenti imprenditoriali, la fattibilità e l’utilità economica del progetto; a seguito dell’incremento dell’attività comune e del consolidamento dei rapporti con clienti e fornitori, il contratto stesso può essere modificato facendo evolvere il modello originario verso una rete pesante o addirittura verso una rete soggetto.