Il conferimento in house di un servizio pubblico non condiziona la natura pubblica o privata …
Tutto il costrutto motivazionale dell’appello muove da un discorso ipotetico: dall’affermazione, contenuta nella protasi, che dall’affidamento diretto al soggetto in house quale organo – o longa manus –dell’amministrazione affidante, consegue, quale apodosi, la natura (necessariamente) pubblica del soggetto in house. I due segmenti della proposizione, infatti, muovono da concetti totalmente differenti, con la conseguenza di inficiare alla radice la correttezza prima ancora logica, oltre che giuridica, della conclusione.
Emblematica dal punto di vista sistematico è al riguardo la nuova Direttiva appalti (2014/24/UE), in attesa di recepimento nell’ordinamento statale, che all’art. 12 – rubricato “Appalti pubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico” – esclude dal proprio ambito di applicazione l’affidamento in house aggiudicato da “un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato”. Ad ulteriore e definitiva testimonianza, di diritto positivo, che nell’ordinamento comunitario l’in house opera indipendentemente (e indifferentemente) dalla natura pubblica o privata del soggetto affidatario.
Sicché, per tornare al caso che ne occupa, per stabilire la natura pubblica o privata della società, affidataria in house del servizio pubblico svolto in precedenza dal Consorzio dei Comuni, si deve aver riguardo al regime giuridico che conforma l’attività degli organi societari, gli atti adottati e, per quel che qui più rileva, il rapporto di impiego con i dipendenti. Alla luce di tali indici la società rientra nel genus delle società di diritto privato, come del resto dimostrato dal fatto che il rapporto d’impiego intrattenuto col ricorrente non è soggetto alle regole di cui al d.lgs. 165 del 2001, bensì interamente assoggettato al diritto del lavoro privato.