Foglio di via obbligatorio solo per chi esercita attività pericolose
Foglio di via obbligatorio solo per chi esercita attività pericolose
Corte di Cassazione, sezione I Penale
Sentenza 17 dicembre 2014 – 8 gennaio 2015, n. 302
Presidente Chieffi – Relatore Magi
La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato un caso relativo all’inottemperanza al foglio di via obbligatorio emesso dal Questore per circostanze che, secondo i giudici di merito integravano decisioni di merito è stata dunque affermata la penale responsabilità il reato di cui all’art. 2 legge n. 1423 del 1956.
In pratica, l’imputata era stata più volte controllata mentre esercitava la prostituzione in atteggiamenti definiti “adescatori e scandalosi”, nonostante la presenza in loco di civili abitazioni.
Articolo 2 Legge n. 1423 del 1956
Qualora le persone indicate nell’articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralita’ e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore puo’ rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro diritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate.
Il contravventore e’ punito con l’arresto da uno a sei mesi.
Nella sentenza di condanna viene disposto che, scontata la pena, il contravventore sia tradotto al luogo del rimpatrio.
Per la Corte d’Appello, dunque, “l’atto amministrativo posto a monte non poteva essere oggetto di disapplicazione da parte del giudice penale in quanto non si limitava a parificare l’esercizio dell’attività di prostituzione ad una condotta in sé pericolosa per la pubblica sicurezza o tranquillità, ma evidenziava specifiche modalità del fatto (ora, forme e luogo dell’offerta sessuale) tali da far ragionevolmente presumere la violazione di norme penali o comunque idonee a sostenere la valutazione di pericolosità di cui alle norme regolatrici. Si riteneva altresì adeguata l’entità della sanzione“.
La Cassazione però è di altro parere e afferma che “dove il provvedimento amministrativo di cui all’art. 2 legge n.1423 del 1956 (foglio di via obbligatorio) sia motivato con esclusivo riferimento all’attività di prostituzione – esercitata dall’imputata – è doverosa la sua disapplicazione da parte del giudice penale chiamato a pronunziarsi sulla ricorrenza dell’ipotesi di reato di cui all’art. 2 co. 2 l. 1423/’56”
Continua la Suprema Corte, “ la stessa norma dell’art. 2 pone come presupposto dell’ordine di allontanamento non un qualsivoglia comportamento “pericoloso per la sicurezza pubblica” (nozione che aprirebbe il varco a forme incontrollabili di discrezionalità) ma una condotta pericolosa che sia espressione delle riconosciute categorie criminologiche di cui al precedente articolo 1 (n. 1 soggetti abitualmente dediti, sulla base di elementi di fatto, a traffici delittuosi/ n.2 soggetti che per condotta e tenore di vita debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, produttori di proventi derivanti da attività delittuose con cui si sostengono, almeno in parte /n.3 soggetti dediti, sulla base di elementi di fatto, alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, sicurezza o tranquillità pubblica).
Ora, come è stato già ritenuto nelle precedenti decisioni sul tema, è del tutto pacifico che l’esercizio della prostituzione in sé non rientra tra le categorie delle persone pericolose ai sensi della vigente normativa“.
Gli ermellini chiariscono che “non può ritenersi condotta di reato quella consistente in fatti di “adescamento”, stante la depenalizzazione operata con art. 81 della legge n. 689 del 1981 della fattispecie originariamente prevista dall’art. 5 co. 1 legge n.75 del 1958” e che, si legge sempre in sentenza “non può ritenersi, che l’esercizio della prostituzione – in sé attività non costituente reato – possa fondare l’emissione di un provvedimento di allontanamento basato sulle ipotesi di cui al numero 1 dell’art. 1 (traffici delittuosi) o numero 2 (vivere con provento di attività delittuose)”.
Sulla base di queste motivazioni la Corte ha dunque annullato senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.
Leggi il testo della sentenza
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