Domiciliari e condizione di salute del condannato
Domiciliari e condizione di salute del condannato
Corte di Cassazione, sezione I Penale
Sentenza 9 luglio 2014 – 29 gennaio 2015, n. 4284
Presidente Cortese – Relatore Tardio
Sentenza, Cassazione, Penale, domiciliari, salute, ordinamento penitenziario, detenzione, condannato, controllo
La Corte di Cassazione, con la sentenza che si riporta al link in fondo all’articolo, ha esaminato un caso relativo alla disciplina della misura della detenzione domiciliare in ragione alle condizioni di salute del condannato.
Secondo il ricorrente, il provvedimento impugnato (ordinanza del 21 novembre 2013 il Tribunale di sorveglianza di Bari ha revocato, ai sensi degli artt. 51-ter e 47-ter, comma 6, Ord. Pen.) è contrario ai principi costituzionalmente garantiti e viola i principi fissati dalla Convenzione, poiché lesivo del suo fondamentale diritto alla salute, non disconoscibile neppure a fronte della generale inderogabilità dell’esecuzione della condanna, quando la pena si risolva in trattamento contrario al senso di umanità e degradante e sia priva della tendenza alla rieducazione.
La Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso affermando che “la detenzione domiciliare, al pari delle altre misure alternative alla detenzione, ha come finalità la rieducazione e il reinserimento sociale del condannato, il rinvio facoltativo della esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2 cod. pen., mira a evitare che l’esecuzione della pena avvenga in contrasto con il diritto alla salute e il senso di umanità, costituzionalmente garantiti, supponendo che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere cure e trattamenti tali da non potere essere praticati in regime di detenzione intramuraria, neppure mediante ricovero in ospedali civili o altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 Ord. Pen., operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato a essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività“
Pertanto, si legge nella sentenza, “a fronte di una richiesta di rinvio, obbligatorio o facoltativo, della esecuzione della pena per gravi condizioni di salute, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato siano o no compatibili con le finalità rieducative della pena e con le possibilità concrete di reinserimento sociale conseguenti alla rieducazione.
Qualora, all’esito di tale valutazione, tenuto conto della natura dell’infermità e di un’eventuale prognosi infausta quoad vitam a breve scadenza, l’espiazione di una pena appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da essa derivanti, ovvero appaia priva di significato rieducativo in conseguenza della impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti della sanzione sul condannato, deve trovare applicazione l’istituto del differimento previsto dal codice penale“.
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