Copia cortesia, gli avvocati non ci stanno
Copia cortesia, gli avvocati non ci stanno
Sentenza Tribunale di Milano del 15 gennaio 2015 n.534
Di recente sul web si sente parlare molto della “copia di cortesia” ma vediamo per quale motivo l’argomento, apparentemente irrilevante, dovrebbe attirare l’attenzione dei giuristi telematici al punto che non sono mancati i comunicati stampa da parte di alcune associazioni di professionisti che proprio sulla questione della “copia di cortesia” hanno annunciato di esser pronti a protestare.
In linea di massima, una cortesia non è altro che una gentilezza non dovuta ma gradita, si puo’ punire chi “manca” tali cortesi attenzioni?
Il Tribunale di Milano (sezione II Civile) lo ha fatto con decreto n. 534; depositato il 15 gennaio dove si legge “Va osservato che parte opponente abbia depositato la memoria conclusiva autorizzata solo in forma telematica, senza la predisposizione delle copie “cortesia” di cui al Protocollo d’Intesa tra il Tribunale di Milano e l’Ordine Avvocati di Milano del 26.06.2014, rendendo più gravoso per il Collegio esaminarne le difese. Tale circostanza comporta l’applicazione dell’art. 96, comma 3, c.p.c.“
Tra le altre cose, dicendo qualcosa di più sul terzo comma dell’articolo 96 c.p.c. va ricordato che la Legge 69/2009 lo ha introdotto proprio per differenziarlo dalle altre due precedenti ipotesi di responsabilità aggravata di (vedi i commi precedenti) poichè rappresenta il cd. istituto deli “punitive damages” per scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzione del sistema giustizia.
Tutta colpa del processo telematico? Non siamo ancora pronti? Forse è cosi, ma 5 mila euro per non aver depositato la “copia cortesia” di sicuro non è certo riscontro proporzionale (e di giustizia) alla “mancata gentilezza” di cui sopra.
Sentenza Trib. Milano 15-1-15
Articolo 96 Codice di Procedura Civile
Responsabilità aggravata
Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza [disp. att. 152].
Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.
Ecco cosa ha risposto l’Orgamismo Unitario dell’avvocatura Italiana con un comunicato stampa pubbliucato sulla proprio pagina web
COMUNICATO STAMPA
GIUSTIZIA, A MILANO LA SENTENZA DI UN GIUDICE “BOICOTTA” IL PROCESSO TELEMATICO: CONDANNA A 5MILA EURO UNA DELLE PARTI PERCHÉ UN AVVOCATO NON AVEVA RILASCIATO LA “COPIA DI CORTESIA”
L’OUA CHIEDE ALLA MAGISTRATURA E AL MINISTRO ORLANDO
CHE SI FACCIA CHIAREZZA SULLA VICENDA
MIRELLA CASIELLO, OUA: “GLI AVVOCATI PER ‘CORTESIA’, APPUNTO, SOPPERISCONO AI PROBLEMI DI UN PROCESSO CIVILE TELEMATICO NON ANCORA A REGIME…E UN MAGISTRATO, INVECE, CONDANNA QUESTA DISPONIBILITÀ. INACCETTABILE, SI INTERVENGA O SARÀ PROTESTA”
Il tribunale di Milano, con sentenza n. 534 del 15 gennaio scorso ha condannato una parte al pagamento di 5mila euro (ex art. 96, III comma, c.p.c) perché il proprio avvocato non aveva depositato le “copie cortesia” previste dal Protocollo siglato tra il medesimo Tribunale e l’Ordine degli Avvocati di Milano.
Per Mirella Casiello, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, è «una sentenza assurda: la copia di cortesia è uno strumento per sopperire i deficit di un processo civile telematico (Pct) non ancora a regime. Non è possibile che si trasformi in una “ghigliottina” sul lavoro degli avvocati. L’atteggiamento del magistrato oltre che ingiusto, di fatto, mette in discussione il grande sforzo dell’avvocatura e degli altri operatori della giustizia affinché sia efficace il nuovo sistema, e, quindi, mettendo a rischio il buon funzionamento del Pct».
«Chiediamo alla magistratura, al Csm, al presidente del Tribunale di Milano e, quindi, al Ministro Orlando – conclude Casiello – di fare chiarezza su questa vicenda».
Roma, 18 febbraio 2015
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