Risarcimento danni e infortunio sul lavoro
Risarcimento danni e infortunio sul lavoro
Corte di Cassazione, sezione Lavoro
sentenza 3 dicembre 2014 – 13 aprile 2015, n. 7388
Presidente/Relatore Stile
La Corte di Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta al link in fondo alla pagina, ha esaminato un caso riguardante la richiesta di risarcimento avanzata da una dipendente della Regione Emilia-Romagna per il ristoro dei danni patiti per esser scivolata nel corridoio di un garage posto al secondo piano interrato della sede datoriale.
Secondo il giudice di primo grado, in ordine alle caratteristiche dei pavimento de quo, osservava che nessuna cautela specifica era stata violata dalla Regione e, in sede d’appello, la donna lamentava dunque una inesatta ricognizione del diritto oggettivo ed una erronea valutazione del quadro probatorio ma, anche questa volta i giudici territoriali rigettavano il ricorso.
Tutto veniva quindi posto al vaglio dei giudici di Piazza Cavour che in sostanza dovevano valutare se l’infortunio era dipeso dallo scivolamento della lavoratrice sul pavimento dell’autorimessa dei palazzo della Regione e se tale caduta poteva o meno attribuirsi a reponsabilità della Regione, datrice di lavoro della ricorrente.
Secondo i giudici del Palazzaccio “l’infortunio di cui trattasi, ancorché indennizzabile (ed indennizzato), non è, tuttavia, risarcibile” e, pertanto, il ricorso è stato rigettato.
Gli ermellini, infatti, hanno osservato che “le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione. Inoltre, contrariamente a quanto lamentato dalla ricorrente, la Corte territoriale ha debitamente considerato tutte le circostanze emerse nell’ambito della ricostruzione fattuale dell’infortunio occorso, rispetto alle quali i riferimenti al d. lgs. n. 62611994 non appaiono dirimenti.
Diverge, evidentemente, il giudizio sulla valenza delle stesse al fine di ritenere sussistente ovvero escludere la responsabilità del datore di lavoro.
Ma, la Corte territoriale, con motivazione corretta sotto il profilo giuridico e congruamente articolata, ha ritenuto che non potesse configurarsi una responsabilità civile a carico del datore di lavoro, giacché, pur dovendosi dare atto che, nel quadro della suddetta normativa, di cui ai suddetti D.M. n. 23611989 e D.P.R. n. 503/1996, andava rispettato un più rigoroso livello del c.d. coefficiente di attrito (superiore a 40), non potevano trascurarsi le circostanze sopra riportate (assenza dì vizi di manutenzione o di insidia legata alle pulizie, conoscenza, da parte della paganella, del tratto di pavimento in questione, ecc.), che inducevano ad escludere ogni responsabilità. Così argomentando, la Corte di merito ha mostrato di adeguarsi alle stesse considerazioni del CTU, laddove sottolinea – come riportato testualmente nel controricorso- che le prove strumentali avevano “evidenziato una modesta scivolosità che questo CTU ritiene comune alla generalità dei pavimenti esistenti negli uffici pubblici e privati” e “che il rischio del pavimento de quo, sia pure modestamente scivoloso, in concreto non risulta di particolare rilievo)“.
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