Indennizzo per ingiusta detenzione
Indennizzo per ingiusta detenzione
Corte di Cassazione, sezione IV Penale
Sentenza 30 gennaio – 9 febbraio 2015, n. 5886
Presidente Brusco – Relatore Dovere
Cassazione, penale, sentenza, Yara Gambirasio, Mohamed Fikri, ingiusta detenzione, presupposti, diritto, indennizzo, risarcimento, riparazione, danni
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un giovane marocchino che, a causa di una intercettazione telefonica tradotta male, era stato accusato dell’omicidio di una minore e dell’occultamento del cadavere e che, per questo motivo, in via cautelare, finiva ingiustamente (come è stato dimostrato dopo altre 4 traduzioni della suddetta telefonata) in carcere.
Infatti, il marocchino é stato riconosciuto estraneo a tutta la vicenda ed é stata disposta l’archiviazione del procedimento a suo carico.
La Corte territoriale ha ravvisato la sussistenza dei presupposti del diritto alla riparazione di cui all’art. 314, 10 comma, cod. proc. pen., ritenendo che nel comportamento del marocchino non fossero individuabili gli estremi della colpa grave, preclusiva al riconoscimento dell’indennizzo richiesto ed ha pertanto riconosciuto il diritto all’indennizzo, il cui ammontare é stato determinato in complessivi euro 9.780,00.
Secondo il ricorrente però la Corte di Appello ha dato atto del danno esistenziale derivato dal turbamento personale patito anche subito dopo la scarcerazione, per effetto della enormità dell’accusa, nonché delle conseguenze derivate dalla carcerazione, quali la perdita del lavoro, lo stato depressivo, il costo dei farmaci, ma ha poi limitato le voci di indennizzo ai giorni di carcerazione e al danno morale, oltre a limitati danni materiali e, per questo presentava ricorso in Cassazione.
La Cassazione ha ricordato che “in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice, nel far ricorso alla liquidazione equitativa, deve sintetizzare i fattori di analisi presi in esame ed esprimere la valutazione fattane ai fini della decisione, non potendo il giudizio di equità risolversi nel “merum arbitrium”, ma dovendo invece essere sorretto da una giustificazione adeguata e logicamente congrua, così assoggettandosi alla possibilità del controllo da parte dei destinatari e dei consociati (Sez. 4, n. 21077 del 01/04/2014 – dep. 23/05/2014, Silletti, Rv. 259236)“.
Si legge in sentenza “La giurisprudenza di legittimità si è stabilmente orientata (v. Sezioni unite, 9 maggio 2001, Caridi) per la necessità di contemperare il parametro aritmetico – costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’articolo 315, comma 2 cod. proc. pen. (euro 516.456,90) ed il termine massimo della custodia cautelare di cui all’articolo 303, comma 4, lett. c) cod. proc. pen. espresso in giorni (sei anni ovvero 2190 giorni), moltiplicato per il periodo anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita – con il potere di valutazione equitativa attribuito al giudice per la soluzione del caso concreto (in tal senso anche Sez. 4, n. 34857 del 17/06/2011 – dep. 27/09/2011, Giordano, Rv. 251429), che non può mai comportare lo sfondamento del tetto massimo normativamente stabilito. Si è così superato il contrasto tra le opposte tesi dell’assoluta insufficienza del solo criterio aritmetico (Sez. 4, Sentenza n. 915 del 15/03/1995 P.G. in proc. Ministro lavoro Rv. 201632) e della onnicomprensività di tale criterio (Sez. 3, Sentenza n. 28334 del 29/04/2003, Porfidia, Rv. 225963).
Dato di partenza della valutazione indennitaria, che va necessariamente tenuto presente, è costituito, pertanto, dal parametro aritmetico (individuato, alla luce dei criteri sopra indicati, nella somma di euro 235,82 per ogni giorno di detenzione in carcere ed in quella di euro 120,00 per ogni giorno di arresti domiciliari, in ragione della ritenuta minore afflittività della pena).
Siffatto parametro non è vincolante in assoluto ma, raccordando il pregiudizio che scaturisce dalla libertà personale a dati certi, costituisce il criterio base della valutazione del giudice della riparazione, il quale, comunque, potrà derogarvi in senso ampliativo (purchè nei limiti del tetto massimo fissato dalla legge) oppure restrittivo, a condizione però che, nell’uno o nell’altro caso, fornisca congrua e logica motivazione della valutazione dei relativi parametri di riferimento.
Il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione é sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta (Sez. 4, n. 10690 del 25/02/2010 – dep. 18/03/2010, Cammarano, Rv. 246424)”.
Leggi il testo della sentenza
Articolo 314 Codice di Procedura Penale
Presupposti e modalità della decisione
1. Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile [648] perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave [643].
2. Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione [409-411] ovvero sentenza di non luogo a procedere [425, 129 2].
4. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo [657].
5. Quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice [c.p. 2 2], il diritto alla riparazione è altresì escluso per quella parte di custodia cautelare sofferta prima della abrogazione medesima.
L’articolo Indennizzo per ingiusta detenzione sembra essere il primo su sentenze cassazione.