Liquidazione IVA di gruppo: commento a Risoluzione n. 21/E del 18 febbraio 2014
Premessa
I crediti IVA, trimestrali e/o annuali, chiesti a rimborso ante procedura IVA di gruppo e poi negati dall’ufficio, non possono essere trasferiti al “gruppo” anche se si tratta di crediti maturati ante 2008 e cioè prima dell’entrata in vigore della disposizione di deroga ai principi generali della liquidazione di gruppo, introdotta dalla Legge Finanziaria 20081.
Con la Risoluzione n. 21/E del 18 febbraio 2014, l’Agenzia delle Entrate ha così risposto alle richieste di chiarimenti pervenute alla Direzione Centrale circa la corretta interpretazione delle norme in materia di IVA di gruppo e la previsione normativa contenuta nell’articolo 1 del d.P.R.10 novembre 1997 n. 443, riguardante la disciplina del computo in detrazione dei crediti IVA non ammessi al rimborso.
1. Quadro normativo di riferimento
1. (a) La liquidazione dell’IVA di gruppo
Come noto, in forza del D.M. 13 dicembre 1979 n. 110652, contenente le norme di attuazione dell’art. 73, comma 3, primo periodo del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 6333, le società costituenti un gruppo, soggette al controllo diretto o indiretto di una società che partecipi, in modo qualificato e consistente, al capitale delle società controllate, possono effettuare il consolidamento delle singole liquidazioni dell’imposta sul valore aggiunto compensando le relative posizioni debitorie e creditorie d’imposta.
In virtù di tale procedura è consentito, pertanto, compensare crediti e debiti IVA scaturenti dalle liquidazioni periodiche e annuali delle società partecipanti, concentrando in capo alla sola controllante tutti gli adempimenti conseguenti a tali liquidazioni (i.e. compensazione, versamenti, eventuali richieste di rimborso delle eccedenze di imposta maturate).
Il “beneficio” della procedura della liquidazione dell’IVA di gruppo – la quale, diversamente da quanto previsto dall’articolo 4, punto 4, secondo comma della VI Direttiva comunitaria oggi trasfuso nell’articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 20064 – non comporta la nascita di un nuovo soggetto giuridico ma è solo agevolativa in funzione della partecipazione al gruppo – risiede in sostanza, nella possibilità di un utilizzo accelerato e semplificato del credito IVA, prevedendo una procedura “unificata” di compensazione e versamento del tributo in capo alla società controllante5.
Stante la ratio agevolativa della procedura in oggetto, il legislatore al fine di evitare un uso distorto di tale particolare meccanismo di liquidazione dell’imposta, ha introdotto nel 20076 e con efficacia a partite dalla liquidazione IVA di gruppo per l’anno 2008, una deroga ai principi generali di funzionamento del medesimo.
In particolare, per effetto di tale deroga, è stato introdotto il divieto (sia per le società controllate che per la controllante) – nell’ipotesi di partecipazione per il primo anno alla liquidazione di gruppo – di far confluire nei calcoli compensativi della procedura, le eccedenze di credito IVA maturate nel periodo d’imposta precedente all’ingresso nel regime dell’IVA di gruppo.
Di conseguenza, il credito IVA maturato ante adesione alla liquidazione IVA di gruppo, resta nella esclusiva disponibilità del soggetto in capo al quale l’eccedenza si è formata7.
Come ben evidenziato con la Risoluzione n. 4/DPF del 14 febbraio 2008 le motivazioni poste a fondamento della sopra menzionata deroga alla disciplina di funzionamento della liquidazione dell’IVA di gruppo – << […] ispirata alla finalità di evitare che soggetti stabilmente vincolatida controlli azionari possano soffrire i pregiudizi finanziari che si verificherebbero ove –versando taluni di questi soggetti in posizione debitoria ed altri in posizione creditoria agli effetti dell’IVA – ciascuno di essi operasse isolatamente ai fini del versamento del tributo>> – risiedono nella necessità di evitare fenomeni di utilizzo distorto o patologico del particolare regime per cui per finalità estranee alla sua fisiologia, lo stesso venga attuato per l’acquisizione nel controllo di soggetti con forte posizione creditoria, al solo fine dell’utilizzo di tali eccedenze per la compensazione interna da parte dei soggetti controllanti e delle società dagli stessi controllate.
1. (b) Disciplina del computo in detrazione dei crediti IVA non ammessi al rimborso
Con il d.P.R. n. 443 del 10 novembre 1997 si è data attuazione a quanto disposto dall’articolo 3, comma 137, lett. c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 che, in tema di semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti, prevedeva l’emanazione di apposito regolamento per disciplinare la procedura, di fatto, adottata dagli uffici al fine di convertire l’importo IVA chiesto a rimborso in detrazione della liquidazione successiva, in ipotesi di diniego del rimborso per mancanza della condizione per chiedere il rimborso e di riconoscimento del credito.
In accordo con quanto previsto nell’articolo 1 del sopra citato d.P.R. 443 del 10 novembre 1997, si riconosce al contribuente la possibilità di computare in detrazione il credito oggetto del provvedimento di diniego di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, con contestuale riconoscimento del credito, nella liquidazione periodica successiva alla comunicazione dell’ufficio, ovvero nella dichiarazione annuale. Laddove, per converso, si proponga ricorso avverso il predetto provvedimento di diniego, occorrerà attendere la sentenza divenuta definitiva affinché il credito possa essere portato in detrazione nella liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale.
2. Questione controversa ed interpretazione della Direzione Centrale
Trascorsi sei anni dalla pubblicazione della Risoluzione n. 4/DPF che, aveva definitivamente sgombrato ogni dubbio circa la inutilizzabilità nell’ambito della procedura della liquidazione IVA di gruppo dei crediti IVA maturati ante adesione al regime, stante la previsione di “blocco” introdotta dalla Finanziaria 2008, qualche dubbio rimaneva circa la possibile lettura di non applicabilità della stessa per quei crediti maturati e chiesti a rimborso antecedentemente all’ingresso nella liquidazione dell’IVA di gruppo e negati dell’ufficio anni dopo, in forza della disposizione di carattere generale di cui al ricordato regolamento del 1997 concernente la disciplina del computo in detrazione dei crediti IVA non ammessi al rimborso per mancanza dei presupposti previsti dagli articoli 30 e 38-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
L’Agenzia ha negato tale possibile lettura che, laddove accolta, evidentemente avrebbe generato una applicazione in senso discriminatorio della norma di deroga al regime della liquidazione dell’IVA di gruppo qui in discussione.
Difatti, come si legge nel testo della Risoluzione n 21/E del 2014 che ripercorre l’origine della disposizione di deroga al meccanismo di funzionamento della liquidazione dell’IVA di gruppo introdotta dall’articolo 1, comma 63 della Legge n. 244 del 2007: […] il comma 64 [della Legge 244 del 2007, n.d.r.] nell’individuare le modalità di entrata in vigore della modifica normativa, non ha attribuito rilievo al periodo di maturazione delle eccedenze, ma ha esclusivamente denegato il trasferimento del credito maturato ante ingresso nell’IVA di gruppo a partire dalla liquidazione di gruppo relativa al 2008. Da ciò discende che la preclusione opera per tutte le liquidazioni IVA di gruppo effettuate a partire da tale momento, senza che assuma rilievo la circostanza che, al momento di maturazione dell’eccedenza a credito, la disposizione non era ancora entrata in vigore.
Pertanto, considerato che l’intento legislativo è stato quello di creare, a partire dal 2008, una netta e definitiva separazione tra il credito IVA maturato antecedentemente e quello realizzato successivamente all’ingresso di una società nella procedura dell’IVA di gruppo, anche l’eccedenza IVA chiesta a rimborso in anni precedenti al 2008 ed all’ingresso nella procedura e computabile in detrazione a seguito di diniego dell’ufficio successivamente alla predetta data, incontra il limite del citato articolo 1, comma 63, della legge n. 244 del 2007, nel senso che detta eccedenza non puòconfluire nelle liquidazioni IVA della società che l’ha maturata finché la stessa partecipa alla procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo>>.
La Risoluzione n.21/E 2014, si sofferma da ultimosugli aspetti dichiarativi, precisando in particolare come nel Modello Dichiarativo IVA 2014per l’anno d’imposta 2013, sia stato inserito il campo 2 del rigo VL8 nel qualeindicare il credito chiesto a rimborso in anni precedenti e denegatodall’ufficio, al fine di evitare che lo stesso sia trasferito al gruppo IVA (le istruzioni allacompilazione del rigo VL27 della dichiarazione concernente il “credito chiesto a rimborso in anni precedenti e computabile in detrazione a seguito di diniego dell’ufficio”, precisano come lo stesso non debba essere compilato dai soggetti che hanno partecipato alla liquidazione IVA di gruppo per l’intero anno d’imposta, rinviando alla compilazione del rigo VL8).
3. Prospettive di riforma – Attuazione del regime del “Gruppo IVA” ex articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 – Delega al Governo per la revisione del sistema fiscale
Utili ed interessanti spunti di riflessione derivano dalla lettura della Legge 11 marzo 2014, n. 23 pubblicata di recente in Gazzetta Ufficiale ed in vigore a partire dal prossimo 27 marzo 2014 in materia di “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” contenente la previsione di attuazione del regime del gruppo ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), previsto dall’articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE.
La procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo attualmente vigente in Italia, infatti, non corrisponde all’istituto opzionale del “Gruppo IVA” previsto a livello comunitario – già recepito da numerosi Stati membri dell’Unione – in forza del quale ciascuno Stato può considerare due o più persone ivi stabilite che siano giuridicamente indipendenti ma strettamente vincolate tra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi come un unico soggetto passivo ai fini IVA, con effetto sia nei rapporti con i terzi che in quelli interni.
Come evidenziato dal documento elaborato nel 2009 dalla Commissione europea per un’applicazione uniforme dell’articolo 11 della Direttiva all’interno di ogni singolo Stato membro8, l’istituto del Gruppo IVA, oltre che rappresentare una misura di semplificazione amministrativa9, potrebbe costituire uno strumento indubbiamente vantaggioso per quei soggetti con diritto a detrazione dell’IVA limitato (come le banche e le assicurazioni).
Si consideri difatti che le operazioni interne al Gruppo, cioè le operazioni a titolo oneroso tra i singoli membri, sono fuori dal campo di applicazione dell’IVA (in quanto sono considerate come effettuate dal Gruppo per se stesso) con conseguenti vantaggi di tesoreria per i soggetti partecipanti.
Per un Gruppo IVA rappresentato da soggetti passivi con diritto a detrazione totale, inoltre, l’irrilevanza ai fini dell’imposta delle operazioni interne, produce un effetto neutro sul gettito fiscale per lo Stato membro nel cui territorio è operativo il gruppo.
Diversamente, nel caso in cui nel Gruppo IVA figurino anche soggetti passivi senza diritto o con diritto parziale a detrazione, l’effetto sul gettito d’imposta potrebbe non essere più neutro. In questo modo l’IVA non detraibile, che deve essere versata per operazioni imponibili effettuate da un membro del gruppo a vantaggio di un altro membro dello stesso gruppo che non ha diritto o vanta soltanto un diritto a detrazione parziale, verrebbe persa dall’Erario dato che le operazioni interne al Gruppo, inteso come unico soggetto giuridico, sono inesistenti ai fini IVA.